Redazione 3BMeteo
18 luglio 2022
ore 9:47
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 Per tutti


Sono trascorsi 35 anni da uno degli eventi meteo più nefasti della storia d'Italia. Nella seconda metà di Luglio del 1987, un tragico evento alluvionale colpì la Valtellina e la provincia di Sondrio, provocando la morte di oltre 50 persone. In un periodo caratterizzato dalla presenza sul Mediterraneo centro meridionale di una vasta cellula anticiclonica, che ha radici profonde sull'oceano Atlantico, correnti molto fredde di diretta origine artica si tuffarono dall'Islanda verso sud. L'ostacolo sulla Spagna e sul Mediterraneo occidentale, costituito dalla presenza dell'anticiclone delle Azzorre, costrinse queste correnti molto fredde ad effettuare una manovra diversiva dirigendosi verso l'Inghilterra. Ne risultò la formazione di un profondo vortice ciclonico che si centra nel giorno 17 luglio sulla Manica. Le regioni settentrionali italiane diventarono così terreno di confronto tra la circolazione a carattere freddo nord atlantica e le correnti anticicloniche molto calde provenienti dal Mediterraneo centrale. L'Italia settentrionale fu interessata da un impennata dello zero termico che si portò oltre i 4000m determinando così precipitazioni piovose  anche a quote normalmente interessate da ghiacciai perenni. In particolare la zona prealpina ed Alpina centrale videro un gradiente di temperatura molto ampio con isoterme che si portano entro lo spazio di poche centinaia di chilometri da +14°c a + 19°c. Lungo quella linea di confine si svilupparono i fenomeni più violenti, che per la conformazione orografica della provincia di Sondrio assunsero grave intensità


Temporali violenti si verificano il giorno 17 Luglio lungo le Prealpi centro occidentali, in particolar modo su Valtellina e Valchiavenna. I giorni 18 e 19 il minimo del vortice si spostò solo impercettibilmente verso Nord tenendo ancora esposte le fasce prealpine a violenti temporali che raggiunsero ancora un volta il massimo dell'intensità sulla provincia di Sondrio con picchi di 305 mm in sole 24 ore. Nessuna precipitazione nevosa nemmeno alle più alte quote, tutta la pioggia si riversò inevitabilmente lungo i corsi fluviali minori che confluiscono nel fiume Adda. Prima delle intense precipitazioni determinatesi nella seconda metà di Luglio la zona era già stata interessata da numerosi temporali dalla fine di Giugno, sicché ancora una volta l'accumulo delle precipitazioni passate (circa 300mm con punte di 450) aveva reso i terreni e le coperture alluvionali completamente saturi tanto da non riuscire a trattenere gli ulteriori apporti piovosi nei giorni della tragedia. Dal punto di vista geomorfologico il territorio della Provincia di Sondrio è fisiologicamente soggetto ad un dissesto legato all'esistenza di un microclima particolare. Le caratteristiche litologiche e strutturali delle diverse formazioni rocciose delle unità alpine, intensamente deformate e fratturate, sono tali da favorire unitamente alle caratteristiche dei rilievi con versanti molto acclivi, un'intensa attività erosiva dei corsi fluviali maggiori come l'Adda e minori, che abbondano nella zona. Questi caratteri determinarono un alta franosità potenziale di tutta la fascia che si dimostra negli eventi iniziali del 17-19 luglio e culmina nel giorno 28 con una vastissima frana in Val Pola (Monte Zandila). Altro fatto sono gli apporti precipitativi che riempiono gli alvei fluviali e ne determinano lo straripamento. Si evidenzia anche in questa ennesima tragedia come la cementificazione degli argini del fiume Adda ad opera dell'uomo si sia resa responsabile dell'accelerazione della massa d'acqua e dell'accrescimento della sua energia potenziale distruttiva che puntualmente si verificò.


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