21 agosto 2014
ore 15:32
di Paolo Corazzon
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1 minuto, 20 secondi
 Per tutti

In estate è facile alzare lo sguardo dopo un temporale pomeridiano e vedere apparire opposto al Sole un arco luminoso colorato con i colori dell'iride. Fin dall'antichità l'arcobaleno è sempre stato considerato un fenomeno atmosferico affascinante, legato alle divinità e alle leggende. Già Aristotele aveva tentato di spiegarne matematicamente la formazione, ma è solo con Cartesio, nel 1637, che si hanno i primi trattati matematici corretti su questo fenomeno, perfezionati poi da Newton. 

Arcobaleno doppio; si notano i colori invertiti
Arcobaleno doppio; si notano i colori invertiti

Il principio base della formazione dell'arcobaleno è quello della rifrazione della luce: i raggi solari attraversando le gocce d'acqua che restano sospese nell'aria dopo un temporale, sono scomposti nei singoli colori che li compongono. Da ogni goccia escono sette raggi corrispondenti ai sette colori dell'iride (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto) e si forma così l'arcobaleno. In realtà gli archi che si formano sono due, anche se il secondo è solitamente meno visibile: se vi capitasse di vederli entrambi, noterete che hanno i colori invertiti! Fra l'arco primario e quello secondario esiste una fascia buia, chiamata "Banda di Alessandro" che prende nome da Alessandro, filosofo greco che nel 200 d.C. descrisse per primo il fenomeno nelle sue "Cronache". 

In generale, per potere vedere un arcobaleno, è necessario che il sole riesca a fare capolino tra le nuvole e che sia piuttosto basso sull'orizzonte (ecco perché gli arcobaleni si vedono solitamente al mattino o nel tardo pomeriggio). Inoltre l'arcobaleno si forma in direzione opposta rispetto al sole: l'osservatore deve cioè avere il sole alle spalle.  



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