1 giugno 2022
ore 15:22
di Valeria Pagani
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 Per tutti

1940, Monte Chacaltaya, Bolivia. Tra il ghiaccio e la neve si erge a più di 5 300 metri la stazione sciistica più alta al mondo, se non l'unica della Bolivia. Il traino a fune costruito nel 1939 corre per 800 metri lungo le innevate pendici di quel monte della Cordilliera Real: un'infrastruttura adatta ai più temerari, ma da subito meta ambita per gli sciatori della vicina città di La Paz e della Bolivia intera. 1985, persone ben bardate e con gli sci ai piedi percorrono ancora la strada che porta verso lo skilift e poi al "Refugio" del club andino boliviano, ai tempi anche il più alto ristorante del mondo (con i suoi5300 metri è tutt'oggi riconosciuto dai Guinness). C'è ancora il bianco delle neve attorno, ma è più timido, più circoscritto. 2009, tutto è cambiato, stravolto, un paesaggio completamente differente si presenta allo sguardo: intorno, dove prima era neve e ghiaccio, rimane roccia, solo roccia. Nuda. Dal 1992 al 2005 il ghiacciaio Chacaltaya ha infatti subito una perdita del 90% della sua superficie e del 97% del suo volume. E nel 2009 la morte definitiva. 18 mila anni di ghiacciaio scomparsi in un quarto di secolo.

1901, Okjökull (il ghiacciaio Ok), Islanda. Una mappa geologica di inizio secolo mostra una copertura nevosa che si estende per un'area di circa 38 chilometri quadrati sul vulcano Ok, nella parte centro-occidentale dell'isola. Nel 1978 la fotografie aeree rivelano un paesaggio diverso: il ghiacciaiocopre una superficie di soli 3 chilometri quadrati. Nel 2014, anche in questo caso, il funerale. Oggi quel che rimane è una targain bronzo posta su un masso, lì dove un tempo era ghiaccio. Intanto una litania risuona in lontananza, una musica triste che veloce si avvicina. Qualcuno, incuriosito, ammutolisce e si guarda intorno attonito, qualcun' altro incurante fa spallucce o neanche se ne accorge. È un requiem per i ghiacciai.

Il manto nevoso accumulatosi nel corso di migliaia di anni sulle catene montuose del mondo si sta fondendo a ritmi allarmanti. Il colpevole ormai lo si conosce bene, si chiama global warming. Negli ultimi decenni l'elevato aumento delle temperature dovuto alle spropositate emissioni di gas climalteranti sta portando al veloce scioglimento e alla diretta sublimazione dei colossi di ghiaccio (in quest'ultimo caso il ghiaccio si trasforma direttamente in vapore senza passare dallo stato liquido). Una perdita drastica che non solo farà aumentare l'insicurezza idrica per milioni e milioni di persone, ma che avrà come dirette conseguenze anche sulla sicurezza alimentare ed energetica. Oltre che portare alla diminuzione dell'albedo terrestre, la quantità di luce che il pianeta riflette nello spazio, aumentando ulteriormente le temperature globali. La prospettiva del ritiro dei ghiaccia non è per nulla rosea. 

Una ricercapubblicata su Nature nel 2021 è arrivata a dimostrare che nel periodo tra il 2000 e il 2019 i ghiacciai del globo hanno perso una massa di 267 gigatonnellate ogni anno. I dati sono stati ottenuti da un archivio di immagini satellitari e aeree ad alta risoluzione, ma si parla di stime perché solo poche centinaia degli oltre 200.000 ghiacciai sono monitorati in situ, date le difficoltà tecniche di operare in luoghi spesso inaccessibili. Proprio per la loro inaccessibilità le vette più alte e remote del mondo sono ancora poco conosciute in termini di clima e salute degli ecosistemi, ma sappiamo per certo che non stanno bene. Per colmare alcune di queste lacune conoscitive, nel 2019 il National Geographic e la Perpetual Planet Everest Expedition di Rolex hanno organizzato una spedizione scientifica nella regione dell'Hindu Kush Himalaya e, più precisamente, sul versante nepalese dell'Everest, la montagna più alta del mondo. Questa spedizione ha portato a due risultati formidabili: l'estrazione della carota di ghiaccio più lunga al mondo- recuperata dal ghiacciaio più alto della catena- e il posizionamento di due stazioni meteorologiche automatiche (AWS) situate lungo la via di arrampicata meridionale dell'Everest, a 7945 m sul Colle Sud e a 8430 m sul Balcony, segnando anche in tal caso il record delle stazioni meteo più alte. Questo studioè servito da sentinella per comprendere il delicato equilibrio che regola gli ecosistemi e ha dimostrato che anche il tetto della Terra è influenzato dal riscaldamento di origine antropica. Nessun luogo di questo pianeta è stato risparmiato.

Ghiacciai come torri d'acqua

La situazione è tragica e riguarda il mondo intero. Nel capitolo sulle aree montane dell'ultimoSpecial Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate dell'IPCC - il pannello intergovernativo sui cambiamenti climatici - si legge che il manto nevoso, i ghiacciai e il permafrost continueranno a diminuire in quasi tutte le regioni del mondo nel corso del 21° secolo. È previsto che laddove i ghiacciai non sono molto estesi - come nelle Alpi europee, Pirenei, Caucaso, Scandinavia, Ande tropicali, Messico, Africa orientale e Indonesia - perderanno più dell'80% della loro massa attuale entro il 2100 e molti scompariranno.

Per tenere traccia del problema, il World Glacier Monitoring Service(WGMS) ha raccolto una serie di dati dal 1919 al 2019 sullo stato dei ghiacciai, reperendoli da una varietà di fonti scientifiche e ricercatori in oltre 30 paesi. Quel che è risultato è il Fluctuations of Glaciers, un database ricco di osservazioni per comprendere il presente e il futuro delle masse ghiacciate sotto l'azione del cambiamento climatico. L'azienda giornalistica Stacker, che combina l'analisi dei dati con approfondimenti editoriali, ha rielaborato i dati contenuti nel database del 2019 e ha selezionato 40 ghiacciai con almeno 30 anni di misurazioni da parte del WGMS con lo scopo di stimare quali hanno perso maggiore massa. Da tener presente che molti ghiacciai estremamente importanti nell'emisfero australe e nell'Asia centrale non sono inclusi nella ricerca a causa della mancanza di osservazioni a lungo termine. Le maggiori perdite di massa si sono registrate in Norvegia: nella top three troviamo infatti l'Engabreen, il Rembesdalskaaka e il Nigardsbreen, quest'ultimo ritiratosi di circa 2.5 km nell'arco dell'ultimo secolo. Seguono poi le nostre care Alpi, dal ghiacciaio Sarannes al Saint Sorlin in Francia al Hintereisferner al confine tra Austria e Italia. Ma il trend è lo stesso in tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda alla catena andina.

Eppure i ghiacciai di montagna sono fondamentali per il benessere umano e dell'ambiente, perché fungono da "torri d'acqua". Questo termine è usato per descrivere l'approvvigionamento idrico che le catene montuose forniscono per sostenere sia gli ecosistemi, che il fabbisogno idrico dell'uomo. La perdita della capacità di stoccaggio dell'acqua ha un impatto significativo su tutte le attività antropiche: dall'agricoltura, alla produzione di energia (idroelettrica), all'industria, fino alla sopravvivenza stessa dell'uomo e di tutte le specie. Sono circa 250 milioni le persone che vivono vicino ai ghiacciai e beneficiano della loro presenza e sono oltre 1,6 miliardi quelle ricevono acqua dalle regioni di montagna. Così la catena dell'Himalaya è la culla di fiumi come l'Indo, il Gange e il Brahmaputra che forniscono acqua a miliardi di persone nelle pianure a valle, mentre le maestose montagne andine danno vita a corsi d'acqua, tra i quali spicca il Magdalena in Colombia, il quinto bacino fluviale più grande del Sud America. La continua ritirata dei ghiacciai non colpirà solo i diretti interessati che risiedono a valle, ma metterà a repentaglio la vita di tutta la popolazione globale, perché, si sa, l'acqua è una risorsa strategica e la sua scarsità è direttamente proporzionale all'aumento di conflitti e carestie.

Per comprendere meglio questa colossale ritirata delle grandi e piccoli "torri d'acqua" ci arrivano in aiuto dei supporti visuali: le fotografie. Il progetto Sulle tracce dei ghiacciai, ideato da Fabiano Ventura, utilizza il confronto fotografico come strumento per comprendere il cambiamento in atto. Le immagini testimoniano l'arretramento dei più grandi ghiacciai montani della Terra e, unite ai dati scientifici rilevati, forniscono un'idea immediata delle straordinarie variazioni climatiche che il nostro pianeta sta vivendo. Scatti sconvolgenti, che comparano il mondo che fu con quel che ne rimane.Sono state 8 le spedizioni e 87 i ghiacciai analizzati: un giro sul tetto declinante della Terra.

Tutto questo conferma quanto siano urgenti azioni per la salvaguardia dei ghiacciai e di tutte le regioni di montagna, che devono essere riconosciute come una risorsa fondamentale volta a garantire la sicurezza idrica, alimentare ed energetica di tutte le persone che popolano il pianeta. Ora la domanda è: lasceremo che tutto si sciolga? Risposte certe ancora non ce ne sono, ma intanto il corteo funebre si avvicina, il requiem risuona più forte per la strada.


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