10 giugno 2022
ore 12:42
di Simone Fant
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 Per tutti

Era il 1992 quando le delegazioni di 154 Paesi si riunirono a Rio de Janeiro, in Brasile, per redigere la Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Da allora ogni anno si tengono le conferenze sul clima, le cosiddette COP, acronimo inglese di Conference of the Parties (Conferenza delle Parti). In preparazione dell'attesa COP27 di Sharm El Sheikh (Egitto) prevista per novembre, in programma dal 6 al 16 giugno sono tornati finalmente in presenza i negoziati intermedi di Bonn ,Germania.

"Per via della pandemia l'anno scorso si erano tenuti online ma la partecipazione fu difficoltosa, anche per via dei fusi orari - spiega Marirosa Iannelli, Advocacy Coordinator of ICN, a 3B Meteo -. La buona notizia è che quest'anno possono partecipare in presenza i membri delle varie associazioni ONG come osservatori e seguire le conferenze divise per temi".

L'urgente questione del "loss&damage" - Nonostante sia stato raggiunto un accordo fondamentale sulla trasparenza e reportistica nel Glasgow Climate Pact, il temo ignorato all'ultima COP di Glasgow è stato quello spinoso del loss&damage, cioè delle perdite, dei danni e delle riparazioni causate dalla crisi climatica, un meccanismo di compensazione pensato per i paesi meno sviluppati.

"Aver raggiunto un'intesa sul come i Paesi conteggiano le emissioni di gas climalteranti è un grande passo in avanti, ci auguriamo che a Bonn si torni a parlare di "loss&damage" - commenta Iannelli -. Il termine "riparazione" non compare mai nei documenti negoziali perché implicherebbe che i Paesi siano in grado di quantificare economicamente i danni subiti e di conseguenza chiedere gli aiuti finanziari".

Alla COP di Glasgow sul tema dei danni e delle riparazioni si sono lanciati solo dei "dialoghi", ossia dei momenti di incontro informale per approfondire la questione, ma senza immediato effetto sui trattati vigenti. "Di solito si parlava di risarcimento solo in ambito bellico, ma ora il concetto è associato anche ai fenomeni distruttivi dovuti alla crisi climatica ed è un cambio di veduta importante".

Quando si parla di risarcimenti viene in mente subito una promessa disattesa della finanza climatica internazionale. Quei famosi 100 miliardi che i Paesi storicamente responsabili del cambiamento climatico hanno promesso di raccogliere ormai dal lontano 2009. I destinatari di questi fondi sarebbero i Paesi più colpiti dalla crisi climatica."Il Continente africano è responsabile solo del 4% delle emissioni globale, quindi non è responsabile come i grandi emettitori - aggiunge Marirosa Iannelli - tuttavia i danni e le perdite sono nettamente superiori".

L'incognita della guerra -  Quello che ci si chiede e se la guerra in Ucraina possa distrarre i Paesi dal raggiungere i propri impegni climatici. "Il cambiamento climatico non è un appuntamento che possiamo permetterci di rimandare - ha dichiarato nel discorso di apertura Patricia Espinosa, segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici -abbiamo bisogno di decisioni e azioni, e spetta a tutte le nazioni fare dei progressi a Bonn". Secondo l'inviato speciale del presidente USA per il clima John Kerry, più a lungo durerà la guerra in Ucraina, peggiori saranno le conseguenze per il clima. "La cosa importante è che la guerra e la crisi climatica non vengano considerate come due problemi scollegati - commenta Iannelli - Il tema dell'energia, dell'assenza e del rincaro delle materia prime sono criticità connesse alla crisi climatica".

Momenti di tensione si sono visti già durante il primo giorno di negoziati, quando alcuni delegati hanno abbandonato una sessione in segno di protesta verso il discorso di un funzionario russo. Nonostante l'instabilità geopolitica l'attenzione dell'opinione pubblica verso le COP è cresciuta molto negli ultimi anni. "Dalla conferenza di Glasgow c'è stato un boom di copertura mediatica e di partecipazione della società civile - ci dice Iannelli di Italian Climate Network - le prossime due conferenze, quelle di Sharm El Sheikh e Dubai, sono però percepite come critiche. Egitto e Emirati Arabi sono due Paesi particolari in ottica di diritti umani. Sappiamo benissimo quanto conti la presidenza dei Paesi sia in ambito climatico che in quello dei diritti".


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