COP 15: Conferenza sulla biodiversità, ma la data ancora non c'è
Un negoziato importantissimo ma lontano dall’attenzione mediatica. Ecco perché vale la pena conoscerlo.
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La COP 15, la quindicesima Conferenza delle parti, del 2022 è il summit Onu che dovrà assicurare una strategia globale per la salvaguardia della biodiversità. Aree protette per la conservazione delle specie, lotta al traffico di animali esotici, controllo sulle tecnologie di ingegneria genetica, libertà della proprietà intellettuale sul codice genetico delle piante: sono tanti i temi da definire a COP15 per delineare un Quadro di azione globale sulla biodiversità post-2020. Un negoziato molto atteso per la criticità del tema ma per il quale non c'è ancora una data certa e già più volte è stata posticipata. Se inizialmente si sarebbe dovuta svolgere nell'ottobre del 2020 a Kunming, in Cina, le continue ondate di Covid hanno fatto desistere stati e delegati ad organizzare un incontro reale. Così la data per la ratifica definitiva di un nuovo accordo sulla biodiversità è slittata di mese in mese, di anno in anno, passando dal 2020 al 2021 ed ora a una data indefinita, verso la fine del 2022. Il tempo inesorabilmente passa e l'incertezza per le sorti di tutte le specie che vivono sul pianeta, inclusa quella umana, aumenta.
Nel frattempo "le parti", i rappresentanti degli stati, hanno deciso di svolgere degli incontri preparativi. Un primo virtuale è stato tenuto nell'ottobre del 2021 ed ha portato alla stesura della Kunming Declaration,denominata anche "Civiltà ecologica, costruire un futuro condiviso per tutta la vita sulla terra". Un documento in cui i governi dichiarerebbero la necessità di agire in modo "urgente e coordinato" per cambiare i propri modelli di sviluppo al fine di renderli compatibili con la tutela delle specie viventi. Formato da 17 impegni, il primo si prefiggerebbe di garantire l'adozione e l'attuazione di un efficace "Quadro d'azione globale post-2020": un accordo per fermare e invertire la perdita di piante ed animali sul pianeta e ripristinare i servizi ecosistemici che sono fondamentali per la sopravvivenza dell'umanità. Questo documento confluirà poi tra le mani dei delegati di tutti i 195 paesi che saranno presenti al summit ufficiale e che dovranno riconoscerlo e approvarlo. Ed è qui che la questione si fa spinosa.
A che punto è la stesura del "Quadro d'azione globale post 2020"?
Per la stesura del Quadro d'azione globale post 2020 sono stati fatti due incontri preliminari, nei quali scienziati ed esperti avrebbero dovuto stendere obbiettivi e indicatori per poter "vivere in armonia con la Natura". Dati i disaccordi e la lentezza nei lavori, una terza riunione è stata pianificata per giugno a Nairobi, in Kenya. Quello che è stato elaborato nei due meeting è testo incompleto, pieno di spazi vuoti e opzioni tra parentesi che includono una lunga serie di alternative. Una bozza da negoziare, ma con un numero elevato di elementi incerti. Gli sforzi per creare un consenso comune ci sono stati, ma con scarsi risultati. I tempi intanto stringono e le certezze sono ancora poche.
Al centro degli sforzi per salvare la biodiversità c'è un appello delle Nazioni Unite e delle più grandi organizzazioni ambientaliste (tra cui WWF e IUCN) affinché il 30% delle aree terrestri e di quelle marine venga protetto entro il 2030, un obiettivo noto come "30x30". Una proposta lanciata a gran voce, ma che ha raccolto solo il consenso di alcuni paesi, mentre altri, tra cui la stessa Cina, si sono dichiarati scettici. Altra questione posta sul tavolo e rimasta irrisolta è stata quella finanziaria. Durante l'ultima assemblea il Gabon - parlando a nome del gruppo Africa, Brasile, India e altri paesi in via di sviluppo - ha chiesto ai paesi sviluppati di impegnarsi a fornire 100 miliardi di dollari all'anno di finanziamento per la salvaguardia della biodiversità, che salirebbero a 700 miliardi di dollari entro il 2030, colmando così il divario di possibilità di spesa tra i paesi meno abbienti e quelli con maggiori capacità economiche. Ma anche in tal caso, l'istituzione di un fondo globale è rimasta una questione sospesa.
Elizabeth Maruma Mrema, segretaria esecutiva della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), l'organismo Onu che coordina i negoziati, ha ricordato ai delegati della COP che «il mondo non accetterà niente di meno che un quadro chiaro, ambizioso e trasformativo sulla biodiversità». E il Quadro d'azione globale post 2020 è stato presentato come «l'ultima migliore speranza per affrontare la disastrosa perdita di vita sul pianeta». La comunità scientifica internazionale è infatti concorde nell'affermare che oltre un milione delle specie attualmente viventi scompariranno nei prossimi decenni. Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria estinzione di massa, la sesta, che sta avvenendo a una velocità spaventosa: il ritmo di estinzione delle specie è oggi infatti da 100 a 1000 volte più veloce rispetto al ritmo naturale. Per uscire dall'attuale crisi ecologica è necessario agire e farlo subito. Ritardi e rimandi non saranno più ammessi se si vuole davvero preservare la vita sulla terra. Quello che serve oggi è un forte impegno politico e finanziario e un'assunzione di responsabilità da parte di tutta la comunità internazionale. Non parole vuote e promesse disattese. Ce la faranno i delegati in questo arduo compito?