25 settembre 2017
ore 17:01
di Manuel Mazzoleni
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Ghiacci artici al 13 settembre 2017
Ghiacci artici al 13 settembre 2017

Lo scorso 13 settembre 2017 il ghiaccio marittimo artico sembra aver raggiunto la sua minor estensione stagionale, pari a 4,64 milioni di chilometri quadrati, l'ottavo valore più basso da quando si effettuano le misurazioni satellitari dal lontano 1978. Ciò nonostante siamo a circa 1.58 milioni di chilometri quadrati sotto la media degli ultimi 20 anni, nonché 1.25 milioni e 500mila chilometri sopra i minimi record registrati rispettivamente nel 2012 e 2016. La fusione quest'anno è stata fortunatamente rallentata dalla persistenza di un centro di bassa pressione concentrata sull'Oceano Centrale Artico.

Estensione ghiaccio artico
Estensione ghiaccio artico

Il ghiaccio nelle prime due settimane di settembre ha continuato a ritirarsi sul Mare di Chukchi, sul comparto orientale del Mare siberiano e nel Mare di Kara, mentre si è leggermente esteso nei mari di Beaufort e Laptev.

La rotta del Mare del Nord è in gran parte aperta mentre il passaggio a nord-ovest di Amundsen (percorso meridionale) è per il 50% ancora ostacolato dal ghiaccio, anche se le navi sono riuscite a navigare con successo grazie all'aiuto dei rompighiaccio. Il passaggio nord-occidentale attraverso lo stretto di McClure rimane invece ostacolato dal ghiaccio consolidato, spesso e pluriennale.

L'estensione minima stagionale nel 2017 è stata raggiunta con due giorni di anticipo rispetto alla data media degli ultimi 20 anni. Ricordiamo che la data più precoce risale al 5 settembre del 1980 e 1987, mentre la più tardiva è stata registrata il 23 settembre del 1997.

Come è tipico di questo periodo dell'anno, quando la radiazione solare ricevuta dalla superficie sta rapidamente diminuendo, il tasso di perdita di ghiaccio è decisamente rallentato durante la prima metà di settembre toccando un valore medio giornaliero di circa 25.300 chilometri quadrati (leggermente superiore alla media ventennale).

«La quantità di ghiaccio che rimane alla fine dell'estate in un determinato anno dipende dallo stato della copertura all'inizio dell'anno, ma anche dalle condizioni meteorologiche», spiega Claire Parkinson, ricercatrice del Goddard Space Flight Center della NASA. Parkinson ha affermato che la riduzione di quest'anno è ancora più allarmante perché quest'estate nella zona non si è registrato alcun fattore meteorologico che avrebbe potuto accelerare la fusione. Una differenza sostanziale rispetto alle tre estati 2012, 2016 e 2007 in cui sono stati raggiunti record negativi ma sempre associati a eventi climatici insoliti, come forti tempeste estive che hanno distrutto il mantello di ghiaccio. Il 2017 resterà negli archivi perché può essere la fotografia di una dinamica ormai strutturale, indipendente da fattori diversi dal riscaldamento globale. E forse inarrestabile. I ricercatori NASA non escludono nemmeno la possibilità che la copertura possa continuare a diminuire nel mese di settembre, a causa di cambiamenti improvvisi nelle correnti ventose.


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