18 marzo 2022
ore 23:53
di Carlo Migliore
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 Per tutti

Esattamente 78 anni fa, iniziò l'ultima eruzione del grande vulcano di Napoli, il Vesuvio. L'evento fu dettagliatamente descritto in tutte le sua fasi da Giuseppe Imbò che osservò e monitorò l'eruzione dalla sede storica dell'Osservatorio situata a quota 608 m s.l.m. Anche durante la fase parossistica più violenta non abbandono mai l'Osservatorio mettendo a repentaglio la propria vita. I segnali precursori di quell'eruzione si ebbero già nel mese di gennaio quando l'apertura di alcune fratture consentì la fuoriuscita di piccoli flussi di lava ma tutto poi rientrò rapidamente alla normalità fino alle 16:30 di quella giornata di sabato 18 marzo quando un'improvvisa esplosione distrusse il conetto di scorie laviche presente all'interno del cratere principale dando il via all'eruzione. Questa si divise secondo il racconto di Imbò in almeno 4 fasi, la prima caratterizzata dall'emissione di due colate di lava una in direzione Sud-Est e l'altra in direzione Nord per poi essere deviata dal Monte Somma in direzione Ovest, ci fu anche una debole attività stromboliana. Il 19 marzo l'attività esplosiva ed effusiva si fecero più intense e la lava, con velocità variabile da 50 a 300 m/h iniziò ad avvicinarsi alle cittadine di San Sebastiano e Massa, sul versante occidentale del vulcano. Nelle prime ore del 21 marzo le cittadine furono invase dalla lava

Tempestivamente le truppe Alleate avevano organizzato poco prima l'evacuazione di circa 7000 abitanti. Il 22 marzo le due colate si arrestarono rispettivamente a quota 350 m per la colata di Sud Est e a quota 140 m per la colata che aveva invaso S. Sebastiano. Intorno alle 17 del 21 marzo iniziò una nuova fase esplosiva stromboliana con spettacolari fontane di lava. In tutto, da Imbò furono registrate otto fontane di lava di durata variabile, l'ultima delle quali durò ben 5 ore nella mattinata del 22 marzo. I prodotti associati a tale fase esplosiva raggiunsero altezze di circa 4 Km e, trasportati dal vento per 15-20 Km verso Est, ricoprirono le cittadine comprese tra il Vesuvio e l'Agro Nocerino-Sarnese. Nel pomeriggio del 22 marzo le fontane di lava lasciarono il posto a esplosioni discrete con lanci di bombe vulcaniche e con la formazione di una colonna eruttiva alta più di 5 Km. Parziali collassi della colonna causarono piccoli flussi piroclastici che non andarono oltre il Gran Cono. Si ebbero anche hot-havalaches ovvero franamenti dal cratere di materiale incandescente lungo i pendii del vulcano. La deposizione di cenere di colore scuro dalla colonna eruttiva continuò copiosa fino al 23 marzo. Durante questa fase si ebbero 23 vittime a causa del collasso di tetti. Dalle 12 del 23 marzo l'esplosioni divennero meno frequenti e l'attività passò ad intense esplosioni con emissione di cenere e piccole colonne eruttive non più alte di 2 Km.  Si registrò anche una intensa attività sismica e piccoli flussi piroclastici sommitali. 


L'emissione di cenere chiara che ebbe luogo il 24 marzo preannunciò le fasi finali dell'attività eruttiva, imbiancando il Gran Cono come dopo una nevicata. Le esplosioni gradualmente si ridussero fino a scomparire il giorno 29 marzo. Il 7 aprile il cratere si presentò completamente ostruito dando così inizio all'attuale periodo a condotto chiuso. Dopo 78 anni il Vesuvio si presenta in gran parte ricoperto dalla vegetazione, anche sul Grande Cono hanno attecchito arbusti di macchia mediterranea fin quasi alla sommità, l'attività sismica rientra pienamente nella norma e non ci sono al momento rischi di ripresa.


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