9 maggio 2023
ore 10:31
di Carlo Migliore
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 Per tutti

La recente fase di maltempo che ha avuto anche conseguenze piuttosto gravi per alcune zone del Nord come l'Emilia Romagna potrebbe non avere gli effetti sperati sulla crisi idrica che interessa ancora molte regioni, soprattutto del Nordovest. Non tutta l'acqua che cade dal cielo finisce negli acquiferi soprattutto nei mesi caldi e per almeno due ragioni importanti. In primo luogo ci sono le temperature dell'aria e l'attività vegetativa che aumentano nella tarda primavera e impediscono alla pioggia di filtrare nel terreno e sprofondare fino alle falde. C'è un indicatore con il quale si tiene conto della quantità di acqua che evapora a causa dell'evaporazione dal terreno, dalle piante e dagli specchi d'acqua è si chiama evapotraspirazione. L'evapotraspirazione viene calcolata sulla base delle medie trentennali e rappresenta proprio una quantità di acqua che viene perduta. Nei mesi invernali questo valore è minimo e oscilla tra 0 e 15/18mm per il periodo dicembre-febbraio, a marzo già sale fino 30/35mm, ad aprile supera i 40mm e a maggio fa un vero e proprio balzo fino a 70/75mm. Il picco si ha tra giugno e luglio quando il valore supera gli 80mm.

Ora si tenga conto che le piogge talora abbondanti del periodo marzo-aprile tendono generalmente ad annullare quella perdita indicata per quei mesi ma nel mese di maggio e ancor più a giugno o luglio quando c'è una fisiologica diminuzione delle precipitazioni, quei 70/75mm o gli 80 e più che dir si voglia possono rappresentare la perdita di gran parte o di tutta la pioggia caduta. Ma supponiamo che per una data località si vada oltre con un maggio particolarmente perturbato che accumuli fino a oltre 100/120mm di pioggia, togliendo quei 70/75mm ne resterebbero come utili all'incirca 30/50mm, condizionale d'obbligo perché c'è un secondo parametro da considerare. La capacità di assorbimento dei terreni ovvero la quantità di pioggia che riesce a filtrare nel terreno nell'unità di tempo. 

L'indice di permeabilità dipende dal tipo di terreno, ci sono terreni più permeabili di altri, dipende dalla granulometria. In generale però a parte le ghiaie nessun terreno riesce ad assorbire istantaneamente l'acqua che ci cade sopra. Ci vuole un certo tempo prima che si aprano i pori del terreno specie dopo un lungo periodo di siccità e poi piano piano l'acqua riesce a filtrare, servono anche delle ore. Va da se che se su un terreno asciutto cadono improvvisamente 50mm di pioggia in un'ora, quella pioggia tenderà a dilavare e a seguire la topografia fino a valle o a mare piuttosto che assorbirsi. E purtroppo nei mesi caldi la caratteristica degli eventi pluviometrici è spesso di tipo temporalesco e tende a produrre quantità elevate di pioggia in lassi di tempo talora anche molto brevi. Eventi poi che per intensità finiscono per determinare altre criticità come frane e alluvioni.

Ecco perché si dice che la pioggia utile è quella autunnale-invernale e al più della prima parte della primavera ma non quella dei mesi caldi. Che bene venga dunque questa pioggia, sperando che non faccia danni ma con la consapevolezza che purtroppo non risolverà la situazione, non quella a medio e lungo periodo. Per risolvere il problema andrebbero drasticamente cambiate le politiche di intervento sul territorio con sistemi di irrigazioni diversi e di preservazione delle falde, magari anche con la costruzione di bacini artificiali o cisterne che possano trattenere negli eventi piovosi più estremi la quantità di pioggia in surplus per poi utilizzarla nei periodo di siccità. Insomma, ricordate la storia delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre? ....


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