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14 gennaio 2024
ore 7:03
di Valeria Pagani
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COP28: come è messa l'Italia sul piano della decarbonizzazione?
COP28: come è messa l'Italia sul piano della decarbonizzazione?

A COP28 i negoziatori stanno finendo di accordarsi su quali obiettivi intraprendere nel breve e lungo periodo per frenare l'aumento di temperatura a non oltre 1.5°C. Gli Stati sembrano però non essere d'accordo sugli impegni necessari: i petrostati insieme a Russia e India si sono opposti all'eliminazione delle fossili nel prossimo futuro, puntando a ridurre il consumo che la produzione di combustibili fossili, ma a raggiungere la neutralità climatica solo intorno al 2050.

Obiettivi totalmente disallineati con la scienza. Per non superare la soglia del +1,5°C si dovrebbe infatti avere una riduzione di circa il 45% in termini di emissioni di gas serra entro il 2030, mentre quello che sta succedendo è che stiamo andando a un +9% di emissioni al 2030 rispetto al 2010. È quindi necessario un impegno congiunto da parte di tutti gli Stati per dismettere le fonti fossili e mettere in atto la transizione energetica ed ecologica. La nota positiva è che a COP28 la maggior parte dei Paesi si è allineato con la volontà di triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare l'efficienza energetica al 2030. Tra questi c'è anche l'Italia.

E dunque a che punto è l'Italia nella transizione ecologica?

Si sta muovendo nella direzione necessaria, ma non abbastanza velocemente. Da una parte è aumentata la capacità rinnovabile installata nel nostro paese, tanto che nel primo semestre del 2023 si è visto un aumento del 120% rispetto al 2022. Ma questo non risulta sufficiente. Nel rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute sulla performance climatica dei principali paesi del pianeta, si legge infatti come il Belpaese abbia fatto un passo indietro sulle sue performance, scendendo dal 29° al 44° posto della classifica. Il rapporto intreccia le emissioni di gas climalteranti, l'energia rinnovabile installata, l'uso dell'energia e le politiche in materia di clima. Se per i primi tre punti l'Italia si trova tra il 27° e il 37° posto (37° per le emissioni...), in fatto di politiche è al 58°. Il PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, che dovrebbe essere lo strumento principale per rendere concreta la transizione, manca ancora della forza attuativa per indirizzare efficacemente le politiche.

Come si legge nel Rapporto tecnico di Ecco sul PNIEC, il Piano dovrebbe fornire un quadro su 'come' agire. "Come coinvolgere i territori e gli enti di governo o tutti i soggetti che devono esserlo? Come finanziare la transizione? Come valutare e governare gli impatti socioeconomici delle misure proposte per massimizzare i benefici e minimizzare i rischi della transizione?" Eppure il rapporto della Corte dei Conti dell'Unione Europea, riferendosi al Piano italiano, indica che mancano queste informazioni e per questo è difficile valutare se gli obiettivi possano essere raggiunti. L'Italia, nonostante alcune delle politiche siano state finanziate (ad es. politiche promozione efficienza energetica degli edifici), già oggi non rispetta l'obiettivo di riduzione nazionale delle emissioni per oltre 10MtCO2eq.

Da una parte il Paese sta investendo ancora in nuove infrastrutture per l'estrazione di gas naturale. Il gas è dal 2021 la prima fonte emissiva di CO2 in Italia e gli investimenti in questo settore si pongono in direzione opposta rispetto alla uscita dai combustibili fossili e agli obiettivi climatici posti dall'Unione Europea. Il governo di Giorgia Meloni, in linea con i precedenti, punta su questo combustibile con l'intento di diventare "un hub europeo del gas", mentre il ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin spiega questa scelta come garanzia della sicurezza energetica del paese. Se ci fossero le misure adeguate per sviluppare le rinnovabili e l'efficienza energetica, i pozzi, gasdotti o rigassificatori non sarebbero necessari, dato che hanno tempi di realizzazione ben superiori al solare ed eolico. Un altro ostacolo arriva però dai processi autorizzativi per le energie rinnovabili, che sono ancora molto lenti. Solo un quarto delle pratiche autorizzative per gli impianti di grande scala richiesti nel 2022 è stato approvato. Seguendo l'andamento della prima metà del 2023, l'intero anno in corso dovrebbe chiudersi con 3,6 GW autorizzati. Un dato largamente insufficiente se si vogliono perseguire gli obiettivi al 2030, ovvero di installare oltre 70 GW. Il Piano Energia e clima dovrà quindi essere lo strumento di riferimento per un percorso di trasformazione della nostra economia verso il 2050, un piano che deve essere ambizioso e diretto a tutta velocità verso una reale transizione ecologica.


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