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1 dicembre 2023
ore 7:18
di Valeria Pagani
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Inizia a Dubai la COP28
Inizia a Dubai la COP28

Nella cornice di quello che con molta probabilità potrebbe essere l'anno più caldo mai registrato nell'era moderna, segnato da eventi meteorologici estremi in gran parte del mondo - dagli incendi in Grecia e in Canada, alle inondazioni in Libia e in Cina, agli eventi alluvionali in Italia - si apre la COP28. Qui durante le prossime due settimane, 195 Paesi si troveranno a discutere nelle stanze dell'Expo City Dubai per trovare degli accordi su come decarbonizzare le proprie economie e provare a limitare l'innalzamento delle temperature globali.

Ma di cosa si discuterà durante questa Conferenza? E a che punto sono gli impegni per fermare la crisi climatica?

La risposta alla seconda domanda è purtroppo perentoria e con un'accezione negativa. L'UNEP, il Programma ambientale dell'ONU, ha infatti pubblicato un rapporto sul divario emissivo da qui al 2030 dal titolo emblematico: "Disco rotto". Le temperature raggiungono nuovi massimi, ma il mondo non riesce a ridurre le emissioni (di nuovo)". ECCO - il think tank italiano dedicato alla transizione energetica e al cambiamento climatico - ne ha estrapolato alcuni dati: "nel 2022 le emissioni sono aumentate del volume record di 57,4 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, tornando su livelli e trend di crescita pre-Covid. Gli attuali obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni (i cosiddetti NDCs) porteranno al massimo a una riduzione delle emissioni del 9% al 2030, contro il 42% necessario per rimanere entro la soglia dell'1,5°C. Proseguire con le politiche attuali significa un riscaldamento globale medio di 3°C. dunque, anche nello scenario più ottimistico, la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi è solo del 14%." 

La conferenza si aprirà infatti con la revisione degli impegni e dei piani di riduzione delle emissioni che ogni Stato ha messo in atto a partire dal 2017 ad oggi.Questa revisione dei "compiti a casa" è stata chiamata "Global Stocktake", ovvero bilancio globale, e dovrebbe servire anche per aggiustare la rotta e preparare piani d'azione nazionali molto più ambiziosi. Questo significa investire di più, molto di più, nella transizione verso energie rinnovabili e nell'abbandono graduale delle fonti fossili. Una direzione non molto apprezzata da quegli Stati che vedono le loro economie basarsi ancora sul carbone, sul gas e sul petrolio, ma che è l'unica strada percorribile per contenere l'aumento della temperatura globale.

In questa direzione si innesta proprio l'altro tema caldo di cui si sentirà parlare tanto alla COP: la finanza climatica. All'interno dei negoziati cresce infatti sempre più la polarizzazione tra i paesi del Sud e quelli del Nord Globale in relazione alle risorse finanziarie da mettere sul piatto: i primi chiedono a gran voce che i secondi mettano a disposizione risorse proprio per attuare la transizione verso la neutralità climatica. Lo richiedono all'interno del quadro definito dal principio di "responsabilità comuni ma differenziate", secondo cui i paesi "sviluppati" e di vecchia industrializzazione hanno maggiormente contribuito al deterioramento ambientale e all'acuirsi della crisi climatica.

Un fondo esiste già, mentre un altro è in fase di definizione. Il primo prevede che i paesi sviluppati versino 100 miliardi di dollari per le misure di mitigazione da mettere in atto nei paesi in via di sviluppo. Una somma non ancora raggiunta e che vedrà i negoziatori discutere proprio sulle riforme finanziarie da implementare per il fondo. Per misure di mitigazione si intendono principalmente quelle azioni che vanno a ridurre le emissioni abbandonando i combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili, efficientando i sistemi e adottando pratiche di vita più sostenibili; ma anche le azioni che vanno ad aumentare l'assorbimento delle emissioni sia naturalmente, preservando le superfici forestali ed evitando il consumo di suolo, sia artificialmente, sviluppando tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio. Questo ultimo punto potrebbe essere fuorviante all'interno dei negoziati, in quanto distrarrebbe dal vero obiettivo: far diminuire le emissioni attraverso l'abbandono delle fonti fossili.

Il secondo fondo di cui si parlerà molto - e sul quale si prevedono tensioni - sarà quello definito Loss and Damage, ovvero perdite e danni. Un fondo creato alla passata COP27 e che ad oggi vede una strutturata ancora abbozzata all'interno della Banca Mondiale. Ma bisognerà capire in modo chiaro chi e come verranno erogate le risorse per questo fondo. "La realtà è che senza un maggiore flusso di finanziamenti verso i paesi in via di sviluppo, una rivoluzione delle energie rinnovabili rimarrà un miraggio nel deserto. La COP28 deve trasformarlo in realtà", ha affermato il segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Simon Stiell. "Oltre 160 leader mondiali sono diretti a Dubai, perché solo la cooperazione tra le nazioni può riportare l'umanità in questa corsa." - continua Stiell - "Ma la COP28 non può essere solo un'occasione per fotografare i politici. I leader devono mantenere gli obiettivi: il messaggio è chiaro: non tornare a casa senza un accordo che farà davvero la differenza".


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