29 febbraio 2024
ore 11:04
di Valeria Pagani
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L'italia ha fame di suolo
L'italia ha fame di suolo

Città, strade, centri commerciali, poli logistici, parcheggi, l'Italia nel 2022 ha continuato ad occupare suolo, ad eroderlo e impermeabilizzarlo, costruendo strutture e infrastrutture. L'edizione 2023 del Rapporto di ISPRA "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici" fornisce proprio un quadro di come il territorio italiano stia continuando ad essere "mangiato" dal cemento, perdendo così tutte le importanti funzioni che una risorsa come il suolo ci garantisce.

L'Italia ha fame di suolo, una risorsa limitata e non rinnovabile. Secondo il Rapporto, nel 2022 i processi di trasformazione del territorio hanno consumato il suolo a una velocità media di 2,4 metri quadrati al secondo, avanzando, in soli dodici mesi, di 77 km2. Un trend che negli anni è continuato a crescere. La logistica e la grande distribuzione organizzata rientrano tra le principali cause di questo consumo, ma si annoverano anche la costruzione di edifici, di parcheggi e infrastrutture, l'apertura di nuove aree estrattive e l'installazione a terra di impianti fotovoltaici. Cemento e acciaio che si espandono a discapito di aree agricole e naturali, ma anche della nostra stessa salute. Infatti se da un lato sono spariti 4500 ettari di campi coltivati (in soli dodici mesi) ed è aumentata la frammentazione di habitat, dall'altro l'espansione di aree cementificate sta portando alla crescita delle temperature nelle città. Nelle aree urbane di pianura si riscontrano aumenti da +4 a +8 gradi rispetto al resto del territorio, andando così a creare delle isole di calore che durante le stagioni estive possono provocare la morte prematura di molte persone. A rendere questo quadro ancora più preoccupante è il fatto che il 13% del consumo di suolo totale ricade in aree a pericolosità idraulica media, ovvero in quelle zone in cui piogge molto forti o abbondanti, combinate con particolari condizioni geomorfologiche, possono contribuire a provocare frane o alluvioni, esponendo così la popolazione a rischi elevati.

Il rapporto redatto da ISPRA delinea dunque una condizione pienamente negativa per quanto riguarda le dinamiche di gestione del territorio, condizione che in Italia si protrae negli anni sempre uguale per intenti e sempre peggiore per consumo. Come si legge nello stesso rapporto: "si tratta di un ritmo certamente non sostenibile, che dipende anche dall'assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell'attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale." In Italia manca infatti una legge che tuteli il suolo. Alcune proposte per arrestarne il consumo si sono susseguite nel corso negli anni (di cui una avanzata nel 2012 e bloccata in Parlamento dal 2016), senza che nessuna sia mai stata approvata. Recentemente anche la Commissione Europea ha redatto una proposta di Direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo (Soil Monitoring Law), con l'intento di costruire un sistema omogeneo di monitoraggio di tutti i suoli nel territorio dell'Unione. Anche in tal caso un primo passo che ancora deve essere approvato dal Parlamento, ma che vorrebbe condurre all'azzeramento del consumo di suolo entro il 2050.

Eppure un suolo sano dovrebbe essere la priorità sia per i governi che per i cittadini: costituisce infatti la base essenziale dell'economia, della società e dell'ambiente, in quanto produce alimenti, accresce la nostra resilienza ai cambiamenti climatici, agli eventi meteorologici estremi, alla siccità e alle inondazioni e favorisce il nostro benessere. Il suolo ci fornisce infatti tutta una serie di servizi ecosistemici senza i quali sarebbe impossibile vivere. Un suolo sano è in grado di regolare il clima attraverso lo stoccaggio di anidride carbonica; filtra l'acqua piovana dagli inquinanti e la drena, restituendocela in "forma potabile" e contribuendo a contenere gli effetti di possibili inondazioni e alluvioni. Un suolo fertile è poi la base per le colture: consumandolo mettiamo a rischio la nostra stessa sicurezza alimentare. La sua scomparsa comporta quindi dei costi, non solo economici, ma anche ambientali e sociali.

2022 i processi di trasformazione del territorio hanno consumato il suolo a una velocità media di 2,4 metri quadrati al secondo
2022 i processi di trasformazione del territorio hanno consumato il suolo a una velocità media di 2,4 metri quadrati al secondo


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