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24 giugno 2022
ore 14:46
di Carlo Migliore
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 Per tutti

Continua inarrestabile l'emergenza siccità su molte regioni italiane, in particolare al Nord dove la situazione è davvero esasperata in molte regioni. I livelli dei fiumi principali e dei loro affluenti sono ai minimi storici in oltre 70 anni e il cuneo salino, ovvero la risalita di acqua salata dalle foci dei fiumi verso monte, soprattutto tra Adige e Po è diventato inarrestabile. Il dato più eclatante di criticità è quello registrato a Porto Tolle dove si interrompono le derivazioni irrigue fino a oltre 21 km dalla Costa per l'intrusione del cuneo salino. In quella zona dal Po si derivano solo 8 metri cubi al secondo, pari ad oltre 60% in meno di portata. Per ovviare seppur non drasticamente al problema si farà ricorso nella zona di Ponte Molo a dei desalinizzatori mobili a noleggio dalla Spagna che forniranno circa 25/30 litri di acqua al secondo. Mai intanto sono molte le domande che si pongono le varie associazioni dei settori agricoli sugli interventi di tamponamento che si potevano attuare già diversi mesi fa prima di raggiungere le criticità di giugno. Si è contato troppo sull'arrivo della pioggia e troppo poco sulle tecnologie moderne che possono essere un valido aiuto per la carenza idrica. L'Italia non è l'unico paese europeo a soffrire la sete, i nostri vicini spagnoli hanno affrontato negli ultimi 20 anni situazioni di emergenza idrica  anche peggiori di quella che stiamo affrontando noi oggi ma sono corsi ai ripari per tempo. La spagna infatti si pone in Europa come il paese ad aver investito di più nelle tecnologie per ottenere acqua dolce dal mare. Parliamo naturalmente dei desalinizzatori o dissalatori, impianti di trasformazione dell'acqua di mare in acqua dolce, inventati e applicati per la prima volta nel 1965 in California. La spagna è l'unico paese europeo a fare un uso massiccio di impianti di desalinizzazione, utilizzati altrove prevalentemente nelle regioni del nord Africa e del Medio Oriente

Ad oggi, l'International Desalination Association (IDA) stima che oltre 20.000 impianti di questo tipo in tutto il mondo offrano acqua potabile a trecento milioni di persone. La gran parte di questi si trova nel Golfo Persico, leader mondiale nel settore, dove in alcuni Paesi l'acqua trattata tramite dissalazione rappresenta il 90% di quella utilizzata dalla popolazione. Dunque la soluzione ci sarebbe o forse dovremmo dire, ci sarebbe stata, è costosa ma possibile. Gli impianti di desalinizzazione si sono molto evoluti dal loro esordio, oggi con l'utilizzo della tecnologia a osmosi inversa si riescono a ridurre sensibilmente gli impatti ambientali delle centrali ma la burocrazia è ancora troppo complessa in Italia dove di fatto, questo genere di installazioni è sostanzialmente ancora impedita. 

Ma diamo un po' di numeri, un impianto di desalinizzazione ha un costo di circa 15 milioni di euro e costi annui di gestione di 500mila euro, esso è in grado di produrre circa 2,5 milioni di metri cubi di acqua potabile all'anno. Sono costi alti ma non proibitivi, tuttavia in Italia abbiamo anche altri problemi oltre quelli economici... Proprio in contemporanea con l'esplodere dell'emergenza idrica, è stata pubblicata in G.U. n. 134 del 10/6/2022, la legge 17 maggio 2022, n. 60, recante "Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare". La cosiddetta legge salvamare che si occupa tra le altre cose della desalinizzazione dell'acqua marina. La novità è che gli impianti di desalinizzazione destinati alla produzione di acqua per il consumo umano sono ammessi solo in casi eccezionali. Recita infatti l'articolo 12 della legge che sono ammissibili soltanto: a) in situazioni di comprovata carenza idrica e in mancanza di fonti idricopotabili alternative economicamente sostenibili; b) qualora sia dimostrato che siano stati effettuati gli opportuni interventi per ridurre significativamente le perdite della rete degli acquedotti e per la razionalizzazione dell'uso della risorsa idrica prevista dalla pianificazione di settore; c) nei casi in cui gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acque e in particolare nel piano d'ambito anche sulla base di un'analisi costi benefici. Insomma un bello stop ai dissalatori di acqua marina, ribadito dal severissimo comma 1 dell'articolo: al fine di tutelare l'ambiente marino e costiero, tutti gli impianti di desalinizzazione sono sottoposti a preventiva valutazione di impatto ambientale, di cui alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. E si specifica "gli scarichi degli impianti di desalinizzazione sono autorizzati in conformità alla disciplina degli scarichi di cui alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della transizione ecologica sono definiti, per gli scarichi di tali impianti, criteri specifici ad integrazione di quanto riportato nell'allegato 5 alla parte terza del citato decreto legislativo n. 152 del 2006". Vi è venuto mal di testa vero? Anche a noi, ma per farla breve, le autorizzazioni necessarie per installare un impianto di desalinizzazione in Italia, sono paragonabili a quelle per la costruzione di una centrale nucleare e possono dar luogo a tempi doppi o tripli rispetto all'iter medio attuale. Si va dai tre ai cinque anni se non di più. Ma non basta, la legge mette sotto la lente i possibili danni ambientali. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore, con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della salute, sono definiti criteri di indirizzo nazionali sull'analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione nonché le soglie di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale. Risultato, al momento la fattibilità di impianti di desalinizzazione sul nostro territorio è pari a zero....


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