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5 luglio 2018
ore 10:49
di Carlo Migliore
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Qualche mese fa, precisamente a Marzo la brutta notizia che l'ultimo maschio di una specie a rischio di estinzione, il rinoceronte bianco, era morto, (qui l'articolo completo), restavano in vita solo due femmine, incapaci di riprodursi. In questi giorni la buona notizia che grazie al lavoro di una coppia di veterinari italiani, Cesare Galli e sua moglie Giovanna Lazzari, forse sarà possibile salvare una specie usando la fecondazione artificiale.

Rinoceronti bianchi, potrebbero salvarsi grazie a due italiani
Rinoceronti bianchi, potrebbero salvarsi grazie a due italiani

Nei refrigeratori pieni di azoto liquido dell'Avantea di Cremona, un'azienda specializzata in tecnologie riproduttive per grandi animali, i due scienziati veterinari, hanno conservato le provette che potrebbero cambiare l'ultimo capitolo di questa triste storia. Qui, a quasi 200 gradi sottozero sono conservati alcuni embrioni degli animali più a rischio del mondo. "Tecnicamente, sono pronti per essere impiantati. Ma le difficoltà sono grandi. La riproduzione assistita in un animale come il rinoceronte è un campo di cui conosciamo molto poco" spiega Galli, "padre" del primo toro e della prima cavalla mai clonati al mondo: Galileo e Prometea.

La fecondazione artificiale potrebbe salvare la specie
La fecondazione artificiale potrebbe salvare la specie

La stazza di questi animali è sicuramente uno degli ostacoli. Poi ci sono i campioni di sperma conservati che appartengono a quattro maschi in tutto ma sono di cattiva qualità. Un altro problema è che non ci sono informazioni sui tempi di maturazione dei gameti o sulle sostanze nutritive necessarie per far sviluppare gli embrioni. "Stiamo andando avanti per tentativi e grazie alla nostra esperienza ventennale sui cavalli, che sono evolutivamente prossimi ai rinoceronti. Abbiamo iniziato nel 2015 e siamo riusciti a ottenere il primo embrione solo a marzo del 2017" racconta Galli. I loro risultati (ottenuti con i colleghi degli zoo di Berlino e di Dvur Kralove, nella Repubblica Ceca) sono pubblicati su Nature Communications.


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