22 novembre 2023
ore 9:07
di Giorgio Kaldor
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 Per tutti
energia rinnovabile
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Negli ultimi anni si sentono nominare sempre più spesso, ma cosa sono i crediti di carbonio? I crediti di carbonio (carbon credits) si possono genericamente definire come certificati negoziabili che consentono al proprietario di emettere una certa quantità di anidride carbonica o altri gas a effetto serra.

I crediti di carbonio - strumento introdotto per la prima volta con il Protocollo di Kyoto e tornato in auge con l'Accordo di Parigi - sono un mezzo creato per agevolare governi e imprese nel perseguire i propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra in modo flessibile ed efficiente dal punto di vista economico. I crediti di carbonio funzionano infatti secondo un principio relativamente semplice: ogni volta che un'organizzazione o un'azienda adotta misure per ridurre le proprie emissioni di gas serra o per assorbire CO2, può richiedere crediti di carbonio equivalenti alla quantità di emissioni evitate. I carbon credits - che rappresentano un'unita di carattere finanziario pari a una tonnellata di anidride carbonica equivalente che non viene emessa nell'atmosfera - vengono poi registrati e possono essere scambiati o venduti sul mercato dei carbon credits. Le imprese hanno così l'opzione di procurarsi i token tramite un intermediario specializzato (broker) o di investire direttamente in progetti sostenibili concepiti per mitigare le emissioni dannose.

I crediti di carbonio giocano infatti un ruolo cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico di origine antropica, fenomeno in gran parte dovuto all'emissione di anidride carbonica in atmosfera. Applicare il principio "chi inquina paga" alla CO2 - uno dei cardini del diritto ambientale, adottato dall' Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nel 1972 - consente infatti di dare un prezzo al carbonio. Facendo emergere e attribuendo valore ad un'esternalità negativa, il meccanismo dei crediti di carbonio punta a disincentivare l'utilizzo di combustibili fossili e favorire l'innovazione per soluzioni a basse emissioni.

In Europa, per alcuni settori energivori, esiste un mercato obbligatorio del carbonio: l'European Trading System (EU ETS), un sistema noto come "cap-and-trade". Viene fissato un tetto o limite, che stabilisce la quantità massima che può essere emessa dagli impianti che rientrano nel sistema. Entro questo limite, le imprese possono acquistare o vendere quote in base alle loro esigenze. Le quote rappresentano la valuta centrale del sistema. In questo modo una quota dà al suo titolare il diritto di emettere una tonnellata di CO2 o l'ammontare equivalente di un altro GHG.

Le aziende inquinanti ricevono così un'allocazione di crediti che consente loro di continuare a emettere gas serra entro un limite stabilito, che viene ridotto periodicamente. Nel frattempo, queste aziende hanno la possibilità di vendere i crediti non utilizzati ad altre imprese che ne hanno bisogno. Questo sistema fornisce un doppio incentivo alle aziende private per la riduzione delle emissioni di gas serra. In primo luogo, devono investire in crediti aggiuntivi se superano il limite di emissione massimo. In secondo luogo, possono ottenere profitti riducendo le proprie emissioni e mettendo in vendita le quote in eccedenza. Dal 2005, il sistema ETS ha contribuito a ridurre del 37% le emissioni degli impianti elettrici e industriali. 

Oltre al mercato obbligatorio, esiste anche il cosiddetto mercato volontario dei crediti di carbonio. In questa maniera, sia enti pubblici che privati, che non sono soggetti a obblighi di riduzione, possono ugualmente mitigare le proprie emissioni. Attraverso l'acquisto nel mercato volontario, le aziende possono contribuire al finanziamento di progetti relativi alla riforestazione, alla conservazione delle foreste, alla produzione di energia da fonti rinnovabili e all'efficienza energetica.


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