24 dicembre 2023
ore 8:21
di Valeria Pagani
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 Per tutti

Tungsteno, tantalio, cobalto, gallio, berillio, indio, disprosio, erbio, neodimio possono sembrare delle parole un po' curiose, ma ultimamente destano non poche preoccupazioni per l'economia europea ed anche italiana. Questi vocaboli identificano infatti alcune delle cosiddette materie prime critiche. Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

Possiamo scomporre il termine in due unità: materie prime e critiche. Materie prime sono quei materiali e quei beni che si ricavano direttamente dalla "natura" e che vengono successivamente utilizzati per la realizzazione di tutti i prodotti. Materie prime sono il legname, i minerali e i metalli di cui sono composte le rocce, il petrolio, l'acqua e altri ancora. Critiche invece significa che sono materie fondamentali per i processi industriali e per l'economia, ma che non sono facili da reperire. Sono ovvero materie scarse, si trovano in modo diseguale sul pianeta e la loro estrazione comporta danni ambientali ed elevati costi energetici. Queste materie prime critiche sono ad esempio alcuni metalli preziosi, alcuni metalli ferrosi e non, le terre rare (elementi presenti nel terreno a livello globale, ma in quantità estremamente ridotte e poco concentrate). Nel 2020 l'UE ha stilato un elenco che contiene 30 materie prime critiche fondamentali per la sua l'economia e quindi per quella di tutti gli stati membri.

Queste materie prime critiche sono fondamentali per numerose attività industriali e sono particolarmente importanti per la transizione ecologica, digitale ed energetica: vengono utilizzate per esempio per la costruzione di turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, schermi di desktop e smartphone e nelle batterie delle auto elettriche. Ad esempio il gallio è utilizzato per la costruzione di chip per computer, l'indio per la costruzione di schermi LCD e lampade LED, il tellurio per la costruzione di pannelli solari e semiconduttori, il tungsteno fa vibrare i telefoni, litio e manganese sono utilizzati per la produzione delle batterie per auto elettriche e così via... Oggetti, quindi, con cui abbiamo a che fare tutti i giorni e necessari per la transizione ecologica.

Queste materie sono infatti fondamentali per l'Unione Europea data la loro importanza strategica per la realizzazione del Green Deal, il patto che si pone l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Per fare qualche esempio della loro rilevanza, si stima che al 2030 l'Europa avrà bisogno di 18 volte più litio e 5 volte più cobalto rispetto ai livelli attuali per la fabbricazione di batterie per veicoli elettrici e stoccaggio di energia. Per il neodimio, nel 2025 potrebbero servire 120 volte l'attuale domanda. A ciò si aggiunge il fatto che non solo l'Europa sta attuando la transizione verso modelli più sostenibili e sganciati dalle fonti fossili, ma anche buona parte del mondo. La Banca mondiale prevede infatti che la domanda di metalli e minerali aumenterà rapidamente con l'ambizione di decarbonizzare l'economia. L'esempio più significativo è rappresentato dagli accumulatori elettrici, per i quali la domanda di metalli come alluminio, cobalto, ferro, piombo, litio, manganese e nichel aumenterebbe di più del mille per cento entro il 2050.

Il problema principale - e il motivo per cui sono definite critiche - sta nel fatto che l'Europa è fortemente dipendente dalle materie prime provenienti dall'estero. Ad esempio, la Cina fornisce all'UE il 98 % delle terre rare (REE), la Turchia fornisce all'UE il 98% del borato e il Sud Africa soddisfa il 71% del fabbisogno di platino. Guardando a scala nazionale, l'Italia è ugualmente dipendente e per questo il 17 febbraio è dato avvio al "Tavolo nazionale per le materie critiche", promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. La produzione industriale italiana impiega infatti materie prime critiche utili a generare 564 miliardi di euro di valore economico. Secondo uno studio del Think Tank The European House - Ambrosetti, nel nostro Paese le materie prime critiche sono indispensabili per l'industria aerospaziale, per quella ad alta intensità energetica, per l'elettronica e l'automotive e per le energie rinnovabili.

Tornando all'Europa, l'obiettivo sarà quello di diventare un hub non solo di estrazione, ma anche di lavorazione delle materie prime critiche, riducendo la dipendenza dalla Cina e dagli altri paesi importatori. E proprio al fine di ridurre le dipendenze esterne, è necessario affrontare il problema con un approccio circolare: ridurre, riutilizzare e riciclare materiali contenuti nei prodotti una volta consumati. I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (o RAEE), per esempio, possono trasformarsi da costo da smaltire ad elementi di valore, grazie alla possibilità di estrarre materie prime critiche. Attualmente, però, in Europa si ricicla meno del 40% di tutti i rifiuti elettronici, mentre il resto finisce nell'indifferenziato.Con tutta necessità, qualcosa deve cambiare.


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