24 gennaio 2023
ore 11:50
di Simone Fant
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 Per tutti

Che sia Rubin Carter, il pugile decantato da Bob Dylan nella celebre canzone "Hurricane", o l'uragano Katrina che devastò New Orleans, tra esseri umani e uragani, tifoni e cicloni tropicali è sempre stato un gioco di personificazioni e soprannomi. Non certo scherzoso per la verità, dato che "uragano" deriva dalla parola caraibica hurakán che, nella lingua del popolo indigeno Taino, significa spiriti maligni del vento. E proprio da qui nasce una lunga storia; di stereotipi, controversie e scelte arbitrarie. I sistemi depressionari, detti cicloni tropicali si definiscono in base all'area geografica: uragani nell'Atlantico, cicloni nell'oceano Indiano e tifoni nel Pacifico.

Come descrive Ivan R. Tannehill nel suo libro "Hurricanes", i primi cicloni documentati della storia menzionano uragani che prendono il nome dei santi celebrati il giorno dell'evento. Siamo a metà '800 e sono le popolazioni caraibiche più colpite a iniziare questa tradizione: fu chiamato Santa Ana il ciclone che colpì Porto Rico nel luglio del 1825, San Felipe l'uragano successivo.

Al tramonto del 19° secolo il britannico Clement Lindley Wragge fu il primo meteorologo ufficiale a dare nomi propri alle tempeste. Iniziò facendosi ispirare dalla mitologia greca e dalla storia romana. Poi Wragge - membro della Royal Geographical Society e autore del libroThe Romance of the South Seas, incantato dalla bellezza delle donne delle isole del Pacifico, decise di passare ad una nomenclatura tutto al femminile. "Le tempeste tropicali che hanno devastato il Pacifico meridionale all'inizio del 1900 portano i nomi di damigelle polinesiane dagli occhi dolci", scrisse il canadese E. Brewster Buxton riferendosi a Wragge.

Le proteste del movimento femminista

Anche la letteratura ha contribuito a diffondere i nomi femminili. Nel 1941 un romanzo intitolato Storms aveva come protagonista un meteorologo che, ispirandosi a Wragge, chiamava le tempeste come le ragazze che conosceva (Ruth, Lucy e Katherine). Durante la seconda guerra mondiale la pratica riprese di nuovo, con i meteorologi dell'aeronautica e della marina che ribattezzavano le tempeste tropicali con i nomi delle loro mogli e fidanzate. Nel 1945 il National Weather Bureau degli Stati Uniti provò ad introdurre un bizzarro elenco alfabetico con suggerimenti come "Able", "Baker", "Charlie" e "Dog". Ma una volta esaurito i nomi, dal 1953 l'organizzazione meteorologica decise di istituzionalizzare la tradizione dei nomi femminili. Altri Paesi seguirono l'esempio: l'Australian Bureau of Meteorologyadottò la pratica nel 1963, così come la Nuova Zelanda.

Durante gli anni '70, Il Women's liberation movement protestò vivacemente contro il criterio sessista. L'attivista per i diritti delle donne Roxcy Bolton propose persino di sostituire la parola "uragano" (che suona come her-icane) con la parola him-icane.

A partire dal 1978 le liste cominciarono a includere anche i nomi maschili, ma questo cambio incontrò insistenti resistenze. Numerosi meteorologi di allora pensavano che le persone non avrebbero preso sul serio le tempeste se i nomi non avessero evocato immagini di furia femminile. Una presunta ragione per cui agli uragani venivano dati nomi femminili poteva essere in parte dovuta alle loro caratteristiche di imprevedibilità. Un'analisidi oltre sei decenni di tassi di mortalità di uragani statunitensi mostra come i cicloni con un nome femminile hanno provocato un bilancio delle vittime maggiore, semplicemente perché visti con meno presentimento. Di conseguenza le persone sarebbero state più vulnerabili a causa di una sottovalutazione del pericolo uragano.

Il ritiro di Ida

Oggi un elenco di 21 nomi pubblicato dalla World Meteorological Organization (WMO) alterna i generi e viene replicato ogni 6 anni (il prossimo reply nel 2024). Nel caso in cui una stagione sia eccezionalmente intensa (più di 21 uragani), viene utilizzato l'alfabeto greco.

I nomi quindi si ripetono ogni sei anni, a meno che una tempesta non sia così mortale da farli ritirare in segno di rispetto per le vittime. Ad aprile la WMOha annunciato il ritiro di Ida dagli elenchi a rotazione degli uragani dell'Atlantico. La tempesta di categoria 4, che ha colpito nove stati del nord-est degli Stati Uniti, ha causato la morte di 91 persone e delle analisi stimano che i danni calcolati sfiorino i 95 milioni di dollari.

Secondo le statistichedel WMO, ogni anno si originano circa 84 cicloni tropicali in tutto il mondo, che negli ultimi 50 anni - ogni giorno in media - hanno causato 43 morti e 78 milioni di dollari di perdite. Con gli effetti del cambiamento climatico la stagione degli uragani atlantici, che dura ufficialmente dal primo giugno al 30 novembre, potrebbe con il passare del tempo anticiparsi a maggio. Ecco perché lo scorso anno il National Hurricane Center ha anticipato al 15 di maggio il bollettino delle previsioni sull'attività di cicloni tropicali nelle aree a rischio.


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