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19 settembre 2022
ore 8:57
di Valeria Pagani
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4 minuti, 34 secondi
 Per tutti

Imperversa la siccità e l'Italia si tinge di rosso. Rosso, perché quando la situazione si fa grave dipingiamo il mondo di questo colore. L'abbiamo imparato attraverso i personaggi dei film che urlavano l'allarme rosso nei momenti di massimo pericolo e ce lo siamo ben impressi nella mente dopo aver vissuto il rosso delle zone blindate a causa dell'epidemia di Sars-Cov-2. E negli ultimi mesi l'insidioso colore si è palesato nuovamente sotto forma di emergenza siccità. Siccità, ovvero alte temperature e carenza di piogge e in genere di umidità che si protrae per un lungo periodo di tempo, rendendo arida e bruciata la terra.

Una crisi annunciata

Già a giugno, dopo mesi di mancate precipitazioni, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte hanno chiesto lo stato di emergenza idrica. E il governo l'ha concesso, perché ha capito che la situazione si stava facendo veramente grave. Lo scorso inverno ha nevicato poco, se non pochissimo, e le riserve nivali che solitamente in primavera facevano gonfiare i fiumi, si sono presto esaurite. La pioggia per lunghi mesi non ha accennato a scendere in modo significativo e le falde si sono drasticamente abbassate. In conseguenza a questo, il cuneo salino sta risalendo molti fiumi, rendendo l'acqua salata e non utilizzabile per l'agricoltura. Basti pensare che in Emilia Romagna l'Autorità di bacino del Po ha chiesto un calo del 20% di prelievi per l'irrigazione, favorendo l'uso civile della risorsa e mettendo in funzione le autobotti. Ma ahimè, la preziosa risorsa scarseggia anche per l'ambito domestico. Così stiamo iniziando a vivere direttamente sulla nostra pelle le drastiche conseguenze dei cambiamenti climatici.

Le azioni intraprese

Il governo si è mosso e già in diverse regioni le ordinanze limitano l'uso dell'acqua idropotabile ai soli fini indispensabili per il fabbisogno umano, ovvero per usi alimentari, per la pulizia personale e per l'igiene. Molti comuni hanno vietato di usare l'acqua che sgorga dai rubinetti per l'irrigazione di orti, giardini e campi sportivi, per il lavaggio di automobili (salvo impianti autorizzati) per il riempimento di piscine e per ogni altra attività che non sia strettamente necessaria. Pena una multa che varia dai 50 ai 500 euro (a dipendenza dalle ordinanze). Parsimonia e limitazione dell'uso al minimo indispensabile, queste le disposizioni. E se la notte ormai in molti comuni d'Italia i rubinetti vengono chiusi, durante il giorno l'acqua continua a scorrere. Continuerà ad essere così? Il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, durante un'intervista a SkyTg24 ha affermato che "in alcune zone del Paese non possiamo escludere un razionamento dell'acqua e quindi la chiusura della distribuzione anche durante le ore diurne".

Cosa ci aspetta fino all'autunno?

Le previsioni per i prossimi mesi non sono certo rosee ed anzi continueranno con il trend attuale a tingersi di rosso. "I modelli rilasciati da Copernicus -il programma di osservazione satellitare della Terra dell'Unione Europea -  sono praticamente tutti concordi" afferma a 3BMeteo Ramona Magno, responsabile dell'Osservatorio Siccità dell'IBE-CNR, servizio climatico multi-utente di monitoraggio e previsione della siccità, "per i prossimi mesi, in particolare, agosto, settembre e ottobre, le temperature saranno superiori alla media, mentre le precipitazioni rimarranno inferiori.Sono previsioni probabilistiche, ma i modelli sono concordi nel preannunciare scenari siccitosi. Secontinua questo trend di scarse piogge, temperature elevate e quindi maggiore evaporazione, è possibile che i problemi si intensificheranno."

Servono decisioni radicali

Le risposte ad oggi sono ancora insufficienti per far fronte alla grave situazione che stiamo vivendo: è necessario accelerare processi di efficientamento della risorsa e migliorarne la gestione. Si potrebbero per esempio usare più acque reflue per innaffiare i campi (naturalmente dopo essere state accuratamente trattate e depurate). Si potrebbe ristrutturare l'obsoleta rete acquedottistica, in molte parti d'Italia più simile ad un colabrodo (anche se in questo caso sono fattori più di efficienza ed economicità ad incidere, perché l'acqua una volta fuori dai tubi torna al suolo e poi alla falda). Per gli approvvigionamenti da acque di falda si potrebbe interconnettere gli schemi acquedottistici così che le sorgenti più instabili, che risentono delle dinamiche stagionali, vengano stabilizzate da quelle in cui l'acqua è presente durante tutto l'anno (soluzione già messa in campo da Utilitalia, l'associazione delle società di utenza idrica, dopo la stagione siccitosa del 2017). Si potrebbero anche costruire nuovi invasi, che però se fatti male avrebbero ricadute negative sulle popolazioni stesse e sull'ambiente, dato che l'invaso blocca il flusso di acqua che andrebbe verso valle, stravolgendo ecosistemi e fermando il carico detritico che va a rimpolpare le coste. Si potrebbero fare tante cose, ma servono tempo, investimenti e buona gestione. Nel frattempo la domanda che sorge spontanea è: quindi avremo acqua a sufficienza per fino alle piogge in autunno (ammesso arrivino)? Difficile a dirsi. Le previsioni, come appurato finora, sembrano spostare la lancetta verso una risposta negativa, cioè no, l'acqua è veramente scarsa e non basterà per soddisfare tutti i nostri bisogni (domestici, agricoli e industriali). I cambiamenti climatici stanno colpendo duramente e la speranza è che le autorità mettano in atto una gestione accorta dell'emergenza e una risposta strutturale lungimirante.


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