24 aprile 2023
ore 16:17
di Davide Sironi
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 Per tutti

UN ANNO DISASTROSO PER I GHIACCIAI - Il 2022 verrà ricordato come l'anno nero per i Ghiacciai alpini. Una combinazione senza precedenti di anomalie meteoclimatiche ha portato ad una deglaciazione senza precedenti sulla gran parte degli apparati glaciali italiani ed esteri. Il periodo di fusione glaciale (ablazione), normalmente concentrato in poche settimane tra luglio e agosto, si è protratto per quasi tre mesi consecutivi portando a bilanci di massa eccezionalmente negativi ma anche ad impatti significativi sull'ambiente glaciale e alpinoIl disastroso incidente della Marmolada è stato coadiuvato dalle forte anomalie della stagione 2022 che hanno reso instabili le masse glaciali.

PERSO IL 6% DEL GHIACCIAIO SVIZZERO IN UN'ESTATE - Parlare di disastro non è un'esagerazione giornalistica, sono gli stessi enti ufficiali di monitoraggio ambientale ad usare termine altisonanti. L'Accademia Svizzera delle Scienze fa sapere che nella sola estate 2022, i ghiacciai svizzeri hanno perso tre chilometri cubi di ghiaccio, pari al 6.2% di volume totale! Un dato quasi doppio rispetto al precedente primato dell'estate 2003, che secondo le statistiche doveva avere tempi di ritorno secolari o millenari. Un dato che viene definito nel loro comunicato stampa come catastrofico, del resto fino ad oggi erano definiti "estremi" gli anni con perdita di volume del 2%. 

FINO AL 10% DI GHIACCIO PERSO SULLE ALPI -
In via preliminare si stima che sull'intero arco alpino, nella sola estate 2022, sia andato perduto tra il 6 e il 10% dell'intero volume di ghiaccio presente: un dato assurdo quanto preoccupante. Il ghiaccio e le nevi perenni sono una preziosa riserva di acqua dolce disponibile, perdere fino al 10% di volume di ghiacciaio significa perdere in modo irrimediabile quantità di acqua equivalente che corrispondono a diverse stagioni di accumulo. Ricordiamo che il bilancio di massa di un ghiacciaio è dato dalla quantità di neve accumulata durante la stagione di accumulo (da ottobre d maggio) e la quantità di neve ed eventuale ghiaccio persi durante la stagione di ablazione (da giugno a settembre). Estati eccezionalmente calde portano a bilanci molto negativi e sostanzialmente irrecuperabili, anche in caso di stagioni di accumulo particolarmente generose. L'andamento dell'estate ha un peso preponderante nel regolare i bilanci di massa annuali. 

INVERNO SECCO ED ESTATE MOLTO CALDA - A portare a questo risultato è stata la combinazione tra un semestre freddo molto secco con scarsi accumuli su tutti gli apparati alpini e una cosiddetta "super estate" con temperature costantemente sopra la media da metà maggio fino a metà settembre: 4 mesi di caldo ininterrotto e spesso estremo.

SECONDA ESTATE PIU' CALDA - Sulle Alpi l'estate 2022 è risultata mediamente la seconda più calda dopo quella eccezionale 2003 (che all'epoca, sul piano statistico, doveva avere tempi di ritorno secolari se non millenari). Se andiamo a considerare il periodo maggio-settembre, in molti settori talora ha pareggiato se non superato quella del 2003. Un altro fattore che ha avuto impatti molto negativi è stata l'eccezionale persistenza di temperature sopra la norma da maggio fino a metà settembre, senza significativi intermezzi freschi che potessero far "rifiatare" i ghiacciai. Lo zero termico per lunghi periodi si è posizionato oltre i 4000m con un picco record di 5184m registrato il 25 luglio che ha battuto il record precedente (5117 metri) registrato il 20 luglio 1995. Il caldo costante e la mancanza di finestre fredde hanno impedito rallentamenti significativi della fusione glaciale che è continuata pressoché ininterrottamente su tutti gli apparati glaciali fino a quote ben oltre il limite delle nevi perenni.

STAGIONE DI ACCUMULO TRA LE PIU' SCARSE DA INIZIO MISURE - Quest'annata era parsa particolarmente critica fin dal principio, a fine primavera, dove su gran parte degli apparati alpini l'accumulo nevoso era di molto inferiore alla norma se non in alcuni casi ai minimi storici. Già ad inizio giugno la fusione nivale si mostrava in stato avanzato sia per le elevate temperature legate alle premature espansioni dell'anticiclone africano sia per la presenza in grande quantità di polvere sahariana nel manto nevoso residuo, depositata in più occasioni durante la primavera. La polvere sahariana sulla superficie nivale, infatti, incrementa i tassi di fusione per diminuzione dell'albedo. 

PREMATURA SCOMPARSA DELLA NEVE -
Tutto ciò ha portato ad una rapida scomparsa della neve con un mese e più di anticipo, come mai osservato in precedenza, lasciando esposto anzitempo il ghiaccio ed allungando così il periodo di ablazione. L'estate eccezionalmente calda ha completato l'opera determinando una pressoché costante fusione, senza rallentamenti significativi, fino alla fine di settembre quando un breve ma significativo calo termico ha posto bruscamente fine alla stagione di ablazione.

IMPATTO SULL'AMBIENTE GLACIALE E ALPINO - Oltre alla perdita di ingenti volumi di ghiaccio, stagioni estreme come questa, hanno significative ripercussioni anche sull'ambiente alpino d'alta quota. Riassumiamo le principali:

- Viene alterato il profilo del ghiacciaio e il reticolo idrografico epiglaciale, a questo si può accompagnare uno scivolamento accelerato delle lingue glaciali verso valle, probabilmente indotto dalla grande quantità di acqua percolata sul fondo. Questo può portare all'apertura di grosse fratture (crepacci) anche in aree non storicamente soggette, con rischio di crolli, come quello avvenuto a luglio in Marmolada.

- Il caldo prolungato senza soluzione di continuità intacca il permafrost (lo strato di sottosuolo e substrato roccioso perennemente ghiacciato) con effetti negativi sulla stabilità dei versanti e degli ammassi rocciosi. Aumenta il rischio di distaccamento di pietre e massi, crolli e frane con tutte le conseguenze negativa per la frequentazione in sicurezza della montagna da parte di escursionisti e alpinisti. L'onda termica estiva, tra l'altro, si propaga per mesi all'interno del substrato roccioso intaccandone in profondità la stabilità: fenomeni d'instabilità di versante si potranno verificare anche nei mesi successivi oppure negli anni a venire.

- Diminuiscono le riserve d'acqua. I ghiacciai sono un'importate riserva idrica, la loro progressiva riduzione va di pari passo con una diminuzione delle riserve d'acqua a disposizione nel periodo estivo. L'acqua di fusione dei ghiacciai va a tamponare il reticolo idrico alpino nel periodi estivi, la loro assenza avrà impatti sulla gestione delle riserve d'acqua.

- Perdita senza precedenti della neve pluriennale, cioè quella neve che persiste per anni o per decenni e che contribuisce alla formazione di nuovo ghiaccio di ghiacciaio o alla conservazione dei glacio-nevati e del permafrost stesso.

- La scomparsa dei ghiacciai implica una perdita della ricchezza del patrimonio paesaggistico delle Alpi e un aumento dei rischi legati alla pratica dell'alpinismo.

PUNTO DELLA SITUAZIONE SULLE ALPI OCCIDENTALI - Abbiamo intervistato Daniele Cat Berro, ricercatore presso la Società Meteorologica Italiana e redattore della Rivista «Nimbus» che conferma un bilancio eccezionalmente negativo per il comparto occidentale delle Alpi.

Tra le regioni più colpite dalle anomalie meteo-climatiche dell'ultimo anno, ritroviamo proprio Piemonte e Valle d'Aosta dove la scarsità di precipitazioni ha raggiunto caratteri eccezionali. Basti pensare che a Torino-centro il periodo da dicembre 2021 a settembre 2022 (con appena 215mm, il 29% della media 1991-2020) è stato in assoluto più secco, tra tutte le possibili sequenze di tale durata, della serie di dati iniziata nel 1802. 

PERDITE RECORD PRESSO IL GHIACCIAIO CIARDONEY - Presso il Ghiacciaio Ciardoney, in cui si compie un monitoraggio continuo dal 1992 si è la deglaciazione peggiore mai documentato in termini sia di perdite di massa e volume (bilancio di massa), sia di ritiro frontale. La scarsa copertura nevosa (la più bassa da inizio misure) si è rapidamente esaurita entro il mese di giugno, e all'inizio di luglio l'apparato glaciale era completamente privo di innevamento. Una situazione sbalorditiva e mai osservata prima, tenendo presente che in passato - anche nelle annate più sfavorevoli (1998, 2003, 2012, 2015...) - il completo esaurimento della neve invernale sul ghiacciaio si verificava solo a partire da inizio agosto." Il bilancio di massa specifico riferito all'intera superficie glaciale di 0,5 km2 è stato dunque valutato in -4,00 m di acqua equivalente, valore che batte quanto rilevato nelle peggiori stagioni precedenti, ovvero 1997-98 (-3,36 m) e 2002-03 (-3,00 m). Si tratta inoltre del triplo di quanto in media si è rilevato, annualmente, nel già sfavorevole periodo di deglaciazione 1992-2021.

PUNTO SITUAZIONE SULLE ALPI LOMBARDE - Riccardo Scotti del Servizio Glaciologico Lombardo conferma bilanci senza precedenti anche sulle Alpi Lombarde. In tutti gli apparati glaciali monitorati da lungo tempo (Fellaria, Ventina, Campo Nord Paradisin e Ghiacciaio del Lupo) i bilanci sono stati eccezionalmente negativi con perdite di neve e ghiaccio fino a 4000 e 5000 mm/equivalenti, ovvero 4000-5000 litri di acqua per metro quadrato!
Questo video mostra l'emblematico assottigliamento del Ghiacciaio del Fellaria, in Valmalenco, uno dei paesaggi glaciali più belli delle Alpi Retiche, che sta andando inesorabilmente perduto. Regresso record confermato anche presso il vicino Ghiacciaio del Ventina (la serie storica di misure frontali del ghiacciaio della Ventina in Valmalenco è una delle più lunghe delle Alpi italiane) valutato in ben 175 metri (misurati ad agosto) rispetto al 2021.

Regresso record al Ghiacciaio di Campo Nord Paradisin.

Analoga situazione presso il ghiacciaio di Campo Nord Paradisin nella valle di Livigno.  Al 2 di giugno  sul ghiacciaio si misuravano solamente 22 cm di neve contro una media 1999/2021 di 1.9 m, spariti poi nei giorni successivi, in anticipo di oltre un mese a ciò che avviene normalmente. La stazione meteorologica posizionata nelle vicinanze del ghiacciaio a 2953 m ha registrato una temperatura media di + 6.8 °C risultando così la più calda da quando è attiva la stazione (2008) superando l'estate più calda precedente (2019) di 0.4°C. Scarsità estrema di neve invernale e estate torrida hanno causato una contrazione senza precedenti del ghiacciaio che ha visto un arretramento frontale di ben 30 m. Il dato del bilancio di massa esteso e mediato sull'intera superficie del ghiacciaio è stato pari a - 3.1 m di acqua equivalente. Si tratta del dato di gran lunga peggiore da quando vengono effettuate le misure.

Mazzata senza precedenti per i piccoli ghiacciai delle Orobie.

Ancora peggiore il bilancio per i ghiacciai delle Alpi Orobie che hanno sofferto più di tutti la mancanza di neve. Nel 2022 il Ghiacciaio del Lupo, il maggiore fra i piccolissimi ghiacciai orobici "ha preso una mazzata senza precedenti" riassume in modo laconico il Dott. Riccardo Scotti del Servizio Glaciologico Lombardo. "Fino al 2021, grazie ad alcune buone stagioni di accumulo, era riuscito a limitare i danni con bilanci meno negativi rispetto ai ghiacciai retici. Nel 2022 ha invece pagato a carissimo prezzo sia la stagione di accumulo eccezionalmente secca che la lunga e caldissima estate." La perdita di spessore è compresa comprese 3.3 e 5.6 m battendo tutti i record precedenti presso ognuna delle 7 paline ablatometriche distribuite sul ghiacciaio. Ancora più significativa l'analisi del bilancio netto cumulato che, dal 2008 al 2021 (13 anni), aveva visto una perdita complessiva di 6.3 m w.eq, valore tutto sommato contenuto rispetto soprattutto ad altri ghiacciai posti in altri contesti alpini. In conseguenza della singola estate 2022 tale valore balza oggi a - 10.4 m w.eq.



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