Siamo Meteo ufficiale del giro d'Italia
SCOPRI IL GIRO
8 agosto 2022
ore 15:46
di Simone Fant
tempo di lettura
3 minuti, 52 secondi
 Per tutti

Centinaia di attivisti da tutto il mondo si sono ritrovati per riabbracciarsi, scambiare idee e trovare nuova linfa per le lotte contro l'industria fossile e per la giustizia climatica. Dal 25 al 29 luglio a Torino si è tenuto il Climate Social Camp, il campeggio per il clima organizzato dal movimento Fridays For Future. Era stato presentato come meeting europeo, ma nei numerosi incontri e conferenze i veri protagonisti sono stati i Mapa - most affected people and area (persone e luoghi più colpiti) - acronimo che si riferisce alle persone che vivono nelle aree più vulnerabili agli effetti della crisi climatica. "Noi dipendiamo dal nord del mondo, è vero, ma il nord del mondo dipende da noi", ha detto l'attivista ugandese Patience Nakubalu. "I decisori politici dei paesi ricchi non hanno esperienza reale di cosa sia la crisi climatica. Noi sì. È ora che ci ascoltino".

La fondatrice di Fridays For Future, Greta Thunberg, che da qualche tempo ha scelto di defilarsi per dare più spazio ad attivisti Mapa, ha partecipato all'evento attraverso un collegamento video. Sempre in segno di inclusione, oltre al Mapa si è aggiunto anche l'acronimo Bipoc (black, indigenous e people of color), nato negli Stati Uniti in seguito ai movimenti di protesta Black Lives Matter dopo l'uccisione di George Floyd, con il principio di includere neri, indigeni e persone di colore, quindi non solo afroamericani.

https://twitter.com/fffitalia/status/1553833297335271424

Colonialismo e crisi climatica

Per le nuove generazioni di attivisti ambientali la giustizia climatica passa anche dal decolonialismo ambientale, cioè dallo stop allo sfruttamento delle risorse del sud del mondo da parte dei Paesi del nord. Un esempio riportato dall'attivista Patience Nakubalu è l'Eacop(East african crude oil pipeline), il gigantesco oleodotto in costruzione nell'Africa orientale e destinato al trasporto di petrolio greggio dai giacimenti dell'Uganda al porto di Tanga, in Tanzania. Si parla di una vera e propria bomba climatica che una volta in funzione produrrà 34 milioni di tonnellate diemissioni di CO2 all'anno, sei volte le emissioni annuali dell'Uganda. L'oleodotto è di proprietà per il 62% della compagnia petrolifera francese Total, per l'8% della cinese Cnooc, il restante 30 è diviso tra il governo ugandese e quello tanzaniano. "Le multinazionali europee stanno pianificando di estrarre sempre più combustibili fossili dall'Africa, come dimostra l'Eacop, vanno fermate", ha ribadito Nakubalu in conferenza.

"Durante il Climate Social Camp, i movimenti europei sono stati criticati dai Mapa per essere troppo eurocentrici e per non aver posto l'anticolonialismo al centro delle nostre attività", ha scritto in un post sui social l'attivista Chloé Mikolajczak. "Ci è stata anche ricordata l'importanza delle varie lotte da portare avanti, non solo per essere "verdi" ma anche anti patriarcali, anti coloniali e anti capitalisti".

La manifestazione

Durante la manifestazione si è parlato anche di media e clima. Al campus Einaudi, i direttori di diverse testate giornalistiche nazionali hanno discusso di come questa crisi venga raccontata dai media. Un dato viene da Greenpeace Italia e l'Osservatorio di Pavia che hanno pubblicato un'analisiriguardante proprio la copertura dei giornali cartacei e delle tv sull'argomento.  Per citare qualche dato, i telegiornali esaminati hanno trasmesso 14.211 notizie, ma solo 96 hanno trattato esplicitamente di crisi climatica. Pari ad appena lo 0,7% del totale. Si ferma ad uno scarso 6% la percentuale di puntate delle trasmissioni di approfondimento che hanno affrontato il tema. Il movimento Fridays For Future ha chiesto dunque non solo una maggiore attenzione ai temi ambientali e di non relegare queste notizie a trafiletti di pagine interne, ma soprattutto di curare la narrativa e il modo di raccontare. Si chiede di fare più luce sulla responsabilità delle istituzioni e dell'industria fossile piuttosto che colpevolizzare l'individuo, facendo così il gioco della retorica negazionista.

Prossima fermata: COP27

Mancano solo pochi mesi dalla Conferenza delle Parti (COP) in programma in Egitto a novembre, un Paese in cui protestare pacificamente è un diritto tutt'altro che scontato. Per questo

36 organizzazioni non governative

hanno chiesto al governo del Cairo di allentare la morsa sugli spazi di libertà e di rispettare i diritti alla libertà d'espressione, di riunione e di protesta pacifica. Soprattutto la COP 26 di Glasgow aveva dimostrato come una mobilitazione popolare coesa possa influenzare positivamente i negoziati. A Sharm el-Sheikh però non si sa ancora che tipo di spazio il governo egiziano concederà all'attivismo climatico


Segui @3BMeteo su Twitter


Articoli correlati