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1 settembre 2022
ore 8:00
di Simone Fant
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In occasione del ventesimo anniversario della Corte Penale Internazionale del primo luglio si è tornato a parlare di ecocidio. All'Aia la professoressa Phoebe Okowa della Queen Mary's University di Londra ha affrontato la questione citando la definizione elaborata dal panel di esperti dell'organizzazione Stop Ecocide. "L'ecocidio criminalizza gli atti illegali o arbitrari commessi nella consapevolezza di un'elevata probabilità di causare danni gravi, estesi o a lungo termine agli ecosistemi", spiega Dani Spizzichino, vice responsabile della campagna italiana della fondazione Stop Ecocide a 3B Meteo. "Durante le discussioni il termine che ha suscitato più interesse è stato wanton (tradotto in italiano come atto arbitrario), termine della tradizione di common law. In sostanza l'atto deve essere voluto, deliberato; e non deve essere circoscrivibile ad una zona specifica, ma deve interessare uno o più ecosistemi".

Dall'entrata in vigore dello Statuto di Romadel primo luglio 2002, la Corte Penale Internazionale ha giurisdizione su soli quattro reati: genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e aggressione. Supportato - tra gli altri - da Papa Francesco e dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, l'ecocidio sarebbe il quinto crimine contro l'umanità, con terrorismo e traffico internazionale di droga che rimangono nella lista delle potenziali aggiunte. Il termine ecocidio fuconiato nel 1970 dal biologo statunitense Arthur Galston per descrivere i danni causati da un defoliante che l'esercito Usa versò in enormi quantità sulle foreste tropicali durante la guerra in Vietnam. Il primo a farne un'analisi legale fu Richard Falk, docente di Diritto internazionale, nel 1973.

Attualmente ci sono 23 Stati che fanno parte dello Statuto di Roma e che citano l'ecocidio su atti pubblici a livello parlamentare e di governo. L'elenco dei Paesi impegnati in questa iniziativa legale è in continua crescita: durante la conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani di fine giugno infatti il Kenya ha annunciato che proporrà l'ecocidio come parte di un ampio pacchetto di riforme del diritto ambientale, compresa la protezione dei difensori dell'ambiente.

"Fino ad oggi non c'è stato un singolo caso che ha riportato il termine all'interno di una definizione legale - spiega Spizzichino - perché non è presente all'interno del diritto internazionale. Tuttavia alcuni Paesi come Vietnam, Russia e le ex Repubbliche sovietiche prevedono già da tempo l'ecocidio come reato. E, nonostante la definizione legale sia stata ritenuta insufficiente da alcune organizzazioni, lo stesso fa la Francia". Approvata nell'agosto dell'anno scorso, la nuova legge sul clima francese (Loi climat et résilience) sanziona fino a dieci anni di carcere coloro che "causano danni gravi e duraturi alla terra, alla flora, alla fauna o alla qualità dell'aria, del terreno o dell'acqua".

Phoebe Okowa, che è un membro neoeletto della Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, oltre ad analizzare la definizione, ha sottolineato i potenziali punti critici riguardo alla giustizia climatica tra Paesi del Nord e del Sud del mondo. "L'attuale crisi ambientale è stata in gran parte il risultato di modelli insostenibili di utilizzo delle risorse da parte degli Stati del Nord globale", ha dichiarato durante l'anniversario. "Alcuni di questi Paesi non sono parte dello Statuto di Roma e altri possono scegliere di non aderire e accettare la giurisdizione del tribunale sull'ecocidio". Okowa si riferisce in particolare a Stati Uniti, Cina, Russia e India - i Paesi più inquinanti al mondo - che non hanno mai aderito allo statuto.

Okowa ha anche affermato che il Sud del mondo potrebbe essere riluttante a promuovere l'ecocidio in circostanze in cui coloro che hanno contribuito maggiormente all'attuale crisi ambientale rimangono sostanzialmente impuniti per la loro condotta passata.

Intanto in Europa si sta lavorando sull'inserimento di una definizione di ecocidio all'interno della direttiva sui reati ambientali dell'Unione europea. "Si nota un grande supporto dalla maggior parte delle organizzazioni e società civile di quasi tutta Europa - ci dice Spizzichino -. Il fatto che tutte le definizioni vadano a toccare interessi politici ed economici complica le cose". Un altro tema è quello delle responsabilità. "Bisogna tener presente che la Corte Penale Internazionale si occupa soltanto di perseguire individui. Ma la durante la conferenza si è parlato anche della possibilità di mettere sul piatto la responsabilità corporativa. Non può essere inserita a meno che non ci sia un emendamento che dia la possibilità di chiamare a processo enti pubblici e privati".

Spizzichino sembra ottimista sul risultato di alcune iniziative europee recenti. "In Finlandia, Danimarca, Belgio e Spagna si sono visti passi in avanti. In Svezia alcuni politici si sono espressi a favore sull'inserimento del termine. La situazione è buona anche a Cipro, in Svizzera e in Portogallo. In Italia spero sia arriverà presto ad una discussione di ampio respiro, ma viste le molteplici attuali crisi temo si dovrà aspettare ancora un po'".


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