13 maggio 2022
ore 17:31
di Valeria Pagani
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 Per tutti

Omar di Felice, ultracyclist amante del freddo e delle condizioni estreme, ha da poco concluso il primo giro del mondo artico in bicicletta. Ha pedalato dalla Kamchatka, uno dei luoghi più remoti nell'estremità orientale della Russia, fino all'Alaska, passando per le isole Svalbard, l'Islanda, la Groenlandia e lo Yukon, in Canada. Resistendo a temperature costantemente sotto lo zero (-42° la minima registrata dai suoi dispositivi) Omar è arrivato a percorrere oltre 4.000 km e più di 33.000 metri di dislivello su strade ghiacciate, tra tempeste di neve, whiteout e aurore boreali.

Cosa ti ha spinto a intraprendere questo viaggio?

"Tutti gli anni cerco delle sfide, delle avventure che mi mettano alla prova durante le stagioni invernali e in territori estremi. Avendo già attraversato in bicicletta molti luoghi del mondo, cercavo qualcosa di particolare che potesse caratterizzare questo 2022. A un certo punto, guardando la mappa del globo, ho individuato una linea di confine, quella del circolo polare artico: lì è nata l'idea dell'Artic World Tour. Siccome insieme a Italian Climate Network avevo da poco lanciato il progetto Bike to 1.5°, iniziato con il viaggio da Milano a Glasgow per riflettere sugli impatti dei cambiamenti climatici, anche in questa occasione ho cercato di intrecciare la sfida sportiva, il pedalare da solo dall'Est all'Ovest del mondo lungo il 66° parallelo, con un lavoro di divulgazione. Negli ultimi anni sempre più spesso sentiamo di quanto le temperature all'Artico stiano inesorabilmente aumentando e a una velocità maggiore rispetto al resto del pianeta. Quindi mi sono detto: quale momento migliore per raccontare quelle che sono le criticità che si stanno riscontrando a queste latitudini? Così con il supporto di Italian Climate Network ho organizzato durante alcune tappe del mio viaggio una serie di dirette con esperti, scienziati e tecnici che andassero ad approfondire i temi urgenti riguardanti la crisi climatica."

Cosa è emerso dagli incontri con gli esperti?

"Il quadro che è emerso è purtroppo preoccupante. Attraverso il dialogo con gli esperti è scaturito che l'Artico sta cambiando e sta cambiando in fretta. Questa cosa l'ho potuta riscontrare anche personalmente, attraverso delle testimonianze delle persone che vivono in quelle terre. Ti faccio un esempio: nelle Svalbard la popolazione locale mi ha detto che fino a 10/15 anni fa molti dei fiordi potevano essere raggiunti attraversando con mezzi terrestri il mare ghiacciato. Ma ormai il ghiaccio non c'è più e ciò li costringe a fare degli spostamenti alternativi circumnavigando le coste. E così anche in Islanda c'è sempre meno neve. Durante il tragitto sono arrivato fino alla base dell'Okjökull, un ghiacciaio di cui due anni fa è stato simbolicamente celebrato un funerale. I glaciologi islandesi hanno emesso una sentenza secondo cui, se il trend rimanesse quello attuale, probabilmente tra 150/160 anni tutti o quasi tutti i ghiacciai islandesi sono destinati a morire. Durante le dirette e gli incontri ho cercato di porre l'attenzione anche sul fatto che ciò che succede all'Artico riguarda anche noi. Questa è una cosa che molto spesso le persone non capiscono, perché non riescono a vederne le dirette conseguenze all'interno della loro vita. Ma il mondo è profondamente interconnesso e ciò che accade lontano da noi ha impatti anche alle nostre latitudini."

Come racconti i tuoi viaggi e quale obbiettivo vorresti raggiungere attraverso la tua divulgazione?

"Io credo che il ruolo di noi atleti possa essere sì quello di raggiungere obiettivi sportivi, ma anche di raccontare la bellezza e le criticità dei luoghi che attraversiamo. Penso inoltre che ognuno di noi abbia il dovere morale di impegnarsi nelle cose in cui crede e, da persona che da sempre ama il mondo, non riesco più a girare la testa dall'altra parte di fronte ai problemi. Così oggi la mia missione è anche mettere in comunicazione la scienza con il grande pubblico. Attraverso i social media, attraverso i video e le foto dei miei viaggi, io cerco di mostrare la bellezza del mondo e insieme di dare la possibilità a scienziati ed esperti di raccontare i cambiamenti che avvengono e di proporre possibili soluzioni. È un'opera lunga e difficile, perché molto spesso siamo sommersi da fake news e da persone che diffondono contenuti negazionisti. Con il mio lavoro ho la possibilità di comunicare valori che ritengo corretti e questa cosa, al di là che possa avere una piccola o grande utilità, la vedo come una missione personale, che va al di là del raggiungimento dell'obiettivo sportivo. Insomma, se riesco anche solo a sensibilizzare una piccola parte della comunità che mi segue, per me è già un traguardo."

Quali sono stati i momenti più difficili durante il viaggio?

"Sicuramente la parte logistica è tra i momenti più complessi a cui far fronte. Dovendo attraversare molti paesi e differenti realtà, organizzare tutto non è stato semplice. E poi il fatto di essere in Russia con la guerra alle porte mi ha creato ulteriori complicanze. Nonostante questo, uno dei momenti più difficili è stato attraversare la Groenlandia. Mi sono trovato per settimane intere completamente da solo, a dover far fronte a tutte le necessità, senza connessione telefonica, senza Internet, senza nulla. Ci sono stati un paio di giorni in cui, a causa del whiteout totale non riuscivo a capire che direzione prendere. Pensando di procedere, ho girato attorno ad un lago ghiacciato e dopo cinque ore mi sono reso conto di essere tornato al punto di partenza. Con bufere di neve e temperature bassissime, ho dovuto trovare il modo e la soluzione per andare avanti. E a volte la soluzione sta esattamente nel non avere opzioni, se non continuare il viaggio. Quindi, diciamo che in certi momenti non avere vie di fuga è forse il modo migliore per portare a termine il percorso che ti sei prefissato."

Cosa ti ha lasciato questo lunga avventura?

"Sicuramente è rimasta dentro di me la bellezza dei passaggi e degli scenari, perché per più di due mesi ho vissuto all'interno di luoghi ghiacciati e innevati, intrisi di silenzio e con lo straordinario spettacolo dell'aurora boreale sullo sfondo. Al tempo stesso l'idea che, anche nella migliore delle ipotesi, quel mondo fatto di neve e silenzi cambierà, un giorno non ci sarà più, mi suscita una profonda tristezza. La stagione invernale è sempre più compressa, i mesi, le settimane in cui c'è neve sono sempre meno. Anche il fatto che non esisteranno più gli scenari che vedevo sulle Alpi da bambino mi lascia una profonda malinconia."


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