1 agosto 2022
ore 16:42
di Chiara Todesco
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 Per tutti

Un'attività emozionante che non tutti conoscono, un'avventura tra rocce e acqua in un ambiente di montagna selvaggio e affascinante. È il canyoning: uno sport vero e proprio, con le sue tecniche e le sue regole, da praticare in estate (il periodo migliore va da giugno a settembre). Abbiamo interpellato Renata Rossi che di canyoning sa tutto. Renata è la prima donna guida alpina in Italia, come raccontato nel libro "Le Signore delle Cime - Storie di guide alpine al femminile" e ha la specializzazione in canyoning. Organizza corsi e porta i clienti tra le acque del torrente Boggia, in Val Bodengo (laterale della Valchiavenna, in provincia di Sondrio) considerato uno dei tre canyon più belli d'Europa.

Renata, cos'è esattamente il canyoning?

«Quando si parla di canyoning, tutti pensano alla canoa e al gommone. Non pensano a un torrente in montagna, tante volte il grande pubblico confonde le cose. Va quindi spiegato che il canyoning è un'attività che si svolge nelle acque dei torrenti con determinate caratteristiche; e non comporta l'utilizzo di barche, gommoni o mezzi simili. Si scende lungo questi torrenti sfruttandone le caratteristiche: con i toboga, facendo dei salti, disarrampicando (ovvero arrampicando in discesa, ndr), calandosi con la corda dove non si può o non si vuole saltare».

Che tipo di torrenti sono quelli dove si pratica canyoning?

«Sono torrenti inforrati: ci sono torrenti che sono sub-orizzontali e poi ci sono i canyon verticali, dove praticamente si scende sotto le cascate senza salti e senza scivoli».

Quali sono i più difficili?

«I più godibili e divertenti sono quelli sub orizzontali, che si svolgono tra scivoli e salti, mentre i verticali sono indicati più per gli specialisti e per gli amanti del canyoning puro. In questo caso non c'è la componente ludica. C'è comunque sempre l'avventura, l'ambiente è molto bello e selvaggio ma tecnicamente è più impegnativo».

Il canyoning è comunque un'attività per tutti?

«È un attività rivolta a gente a cui prima di tutto piace l'acqua corrente, non l'acqua della piscina, o di una pozza, ferma e stagnante. E poi bisogna avere un certo piacere nello scendere in questo tipo di acqua, saper nuotare e avere una buona forma fisica. Per chi ha problemi alle ginocchia o alle spalle è un'attività non indicata».

Serve saper arrampicare?

«C'entra relativamente perché tu usi le corde per scendere, tipo corda doppia, ma non è come la calata che fai in montagna: sono tecniche completamente differenti. Certo, chi arrampica è avvantaggiato ma non ci si lega mai in cordata.

Quale attrezzatura viene utilizzata?

«Le corde sono o da canyon, ovvero galleggianti, oppure si usano le corde semi-statiche perché non ti devi assicurare per fare un tratto in salita e scalare. Ti servono per calarti o per attrezzare dei traversi e dare modo di attaccarsi: servono cioè per la movimentazione. Per il resto l'attrezzatura di base comprende una muta in neoprene, intera o spezzata, con calzari, scarpe da canyon studiate appositamente dalle ditte per questo tipo di attività, casco e imbrago da canyon fatto di materiali che non si usurano in acqua. Questo tipo di imbrago dietro ha una specie di patello per proteggere il sedere quando si fanno gli scivoli. Sull'imbrago ci sono due longe, tipo quelli che si usano per la ferrata con un moschettone per assicurarti sulle soste e fare certe manovre e un discensore per scendere in corda; non si usano assolutamente autobloccanti. Quando ti cali vicino o sotto cascata gli autobloccanti sono mortali».

Quali sono le tecniche fondamentali da imparare e le difficoltà?

«Come per l'arrampicata, anche per il canyoning esistono dei gradi di difficoltà dati da lunghezza, impegno tecnico, bellezza dell'ambiente- E poi c'è la portata d'acqua (alta, bassa, media) che vale per tutti i canyon e va tenuta d'occhio.

Quando la portata è alta non si scende. Per quanto riguarda le tecniche ci sono manovre di corda e tecniche in acqua: ovvero bisogna saper cosa fare quando fai uno scivolo, bisogna far attenzione quando ci sono i sifoni che sono come dei buchi che si formano nelle pozze, tra i sassi. Lì convoglia l'acqua e tu non ci devi finire dentro. Poi bisogna ovviamente conoscere le tecniche in acqua: come nuotare in certi momenti e come non nuotare in altri. Non è così semplice come sembra».

Per questo dunque è importante affidarsi sempre a una guida...

«Chi inizia è fondamentale che si affidi a una guida specializzata. C'è anche l'AIC (Associazione italiana canyoning) che funziona un po' come il Cai con le escursioni: organizzano i corsi, hanno i loro istruttori. In Italia il panorama è estremamente variegato: ci sono tante figure, c'è anche un'Associazione italiana guide canyoning che si sta formando. E poi ci sono le guide alpine con la specializzazione come me».

Voi dove operate esattamente?

«In Val Bodengo, lungo il torrente Boggia. Questa valle della Valchiavenna è divisa in tre parti. Nella prima parte c'è il "percorso scuola": si sta in acqua una mezza giornata ed è un po'come andare in palestra di roccia; dimostri tutte le tecniche che poi servono in un canyon più lungo e difficile: fare una calata in corda, uno scivolo, il salto a candela o a bomba a seconda delle pozze, e poi ci sono i traversi. Il percorso "Bodengo 2" dura 4 ore ed è per gente già esperta, per chi ha già fatto il primo step: è quindi un percorso più impegnativo, con passaggi tecnici, acqua. Infine c'è il "Bodengo 3" che va dalle 6 alle 8 ore, lo facciamo solamente con gente che ha alle spalle una grossa attività di canyoning ed è già esperta».

Chi volesse avere più informazioni o prenotare un'uscita di canyoning con la guida Renata Rossi clicchi sul sito www.renatarossi.it. E qui si può vedere anche un video emozionante.


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