26 dicembre 2022
ore 9:31
di Simone Fant
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 Per tutti

Nelle discussioni attorno alla crisi climatica sono le strategie di mitigazione che ricevono più attenzione mediatica, supporto finanziario e like sui social network. Il focus sugli impegni di riduzione delle emissioni di gas climalteranti dei Paesi maggiormente responsabili è fondamentale per fermare l'aumento della temperatura globale media, ma spesso ci si dimentica che le comunità locali non possono essere spettatori passivi davanti agli effetti della crisi climatica; devono adattarsi ai cambiamenti. "Gli obbiettivi net zero emissions, anche se li raggiungessimo in tutta la loro interezza, produrrebbero effetti positivi solo tra qualche anno - ci dice Marco Merola, giornalista e divulgatore scientifico- . Gli effetti possono essere mitigati riducendo le emissioni, ma nel frattempo ci si chiede: cosa sta facendo l'umanità per salvare se stessa?"

ADAPTATIONè un progetto giornalistico internazionale ideato da Marco Merola per documentare la convivenza tra l'uomo, la tecnologia e la natura nell'era del climate change. Ogni giorno i media di tutto il mondo rilanciano notizie di catastrofi naturali legate alla crisi climatica e disegnano scenari drammatici per il futuro. "Il nostro vuole essere un progetto di giornalismo costruttivo - spiega Merola a 3B Meteo - che grazie alla sua interattività è in grado di coinvolgere diversi tipi di pubblici".

Per Merola le parole, nella vita come nel giornalismo, sono importanti e la comunicazione ambientale spesso cade in errori che influenzano la percezione della crisi climatica. "La parola adattamentodal protocollo di Kyoto del 1997 in poi non ha avuto la giusta attenzione mediatica - sottolinea Merola -. Quattro anni fa abbiamo iniziato con il nostro progetto a sdoganare questa parola e purtroppo all'inizio si associava ad un senso assegnazione. Il discorso è far affezionare le comunità all'idea di contare qualcosa nella contesa alla crisi climatica". Neanche il termine belligerante di lotta al cambiamento climatico lo convince: "La natura sta già vincendo e non si tratta di una battaglia".

Il webdoc è iniziato con il racconto dei Paesi Bassi che si trovano per metà sotto il livello del mare e vantano una lunga esperienza in strategie di adattamento. Tra le numerose soluzioni implementate ci sono le water squares, spazi pubblici multifunzionali che nel caso di forti piogge ed inondazioni, si trasformano in bacini di raccolta e stoccaggio delle acque piovane, così da alleggerire la pressione sull'impianto fognario.

Secondo il recente report di World Bank Group c'è l'urgente necessità di aumentare gli investimenti nell'adattamento climatico e nella resilienza. Sebbene i flussi finanziari per l'adattamento climatico siano aumentati negli ultimi anni, non sono ancora all'altezza per evitare gravi impatti economici e ingenti perdite umane, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Secondo un'analisi del Global Landscape of Climate Finance, oggi il 90% dei fondi della finanza climatica viene destinata alla mitigazione degli effetti della crisi climatica, solo il 7% a soluzioni di adattamento. E quando i soldi mancano bisogna fare appello all'ingegno. "Grazie alle cosiddette nature based solution ci sono degli esempi positivi di comunità che si organizzano con quello che hanno. In Indonesia per esempio usano le mangrovie come barriera naturali per proteggere il centro abitato quando c'è pericolo di inondazione".

L'Italia e il report sul Veneto

Mentre alcuni Paesi come i Paesi Bassi sono attivi da anni con piani di adattamento ben definiti, il PNAC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) italiano pubblicato nel 2018 è ancora una semplice bozza finita del dimenticatoio. "Mancando una vera cabina di regia nazionale ogni regione vive di iniziative proprie - ci dice Merola -. Se dovessimo fare una classifica l'Emilia Romagna è una regione molto illuminata. Varando il suo piano di adattamento nel 2018 ed è stata una delle più rapide in Italia".

Dal 7 giugno sulla piattaforma è disponibile il webdoc dedicato al Veneto che sta facendo grandi sforzi per adattare se stesso e ridurre i danni "da clima" a persone, cose, ecosistemi. Dalla desalinizzazione della laguna di Venezia al ripristino delle dune sabbiose tra Cavallino e Punta Tagliamento, fino alle viti che resistono a insetti e siccità nella zona del Valdobbiadene. "In attesa della SRACC (Strategia Regionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici), in Veneto abbiamo toccato con mano cosa significhi lavorare sui territori per renderli adattati e tutelarne la biodiversità - aggiunge Merola -. Credo siano in pochi, oltre gli addetti ai lavori, a sapere come sta veramente la laguna di Venezia o come stanno le foreste o le spiagge della regione, tanto amate dai turisti. Anche se la politica ha tempi lunghi, qui tutti si stanno già sforzando di fare la loro parte."


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